Questo bellissimo passo dal “Come vi piace” di William Shakespeare– che frequento da quando avevo vent’anni e cominciai a studiare da attore a Londra – non è certo fra i più conosciuti.
A me piace soprattutto perché racconta di una solitudine che è contemplazione, di fuori e di dentro.
Il cervo singhiozzante è ciascuno di noi.
“Come vi piace” racconta la storia di un Duca esiliato nella foresta assieme a una compagnia di fedeli servitori, cavalieri e amici. Fra di loro, il malinconico Jaques, uno dei tanti precursori di Amleto.
Insomma, uno che riflette, che pensa, che è malinconico perché medita sui mali del mondo e della vita. Un pensatore, alla Rodin.
Jaques se ne va a passeggio per la foresta e nota un cervo ferito. E comincia a ricamarci sopra. Certo è una riflessione amare la sua.
Certo nel “Come vi piace” si rappresenta la scelta fra una vita di corte “alla moda” e piena di falsità, di ipocrisia, di cattiveria, di invidie, di idiozie, e una vita “sana” nel bosco, “più dolce” – dice il Duca – della “magnificenza dipinta”, dove ogni giorno si soffre per “il peccato di Adamo”.
Eppure, anche nella foresta, forse, vigono le stesse leggi che a corte. Anche nella foresta un altro branco zeppo di cibo e non compassionevole saltella accanto ad un loro simile morente senza prendersene cura.
Come al solito, Shakespeare non dà tanto la risposta ai problemi. Però li espone. E mi pare già tanto. Oggigiorno.