Da giovedì 15 giugno 2023, alle ore 18:00, si inaugura la mostra Un lieve circoscrivere di Achille Perilli (Roma, 1927 – Orvieto, 2021) ed Ennio Tamburi (Jesi, 1936 – Roma, 2018) a cura di Roberto Lacarbonara nello spazio espositivo ETworks Studio in via dei Marsi 41 a Roma
Il titolo della mostra rievoca la condizione filosofica che Heidegger ammetteva nel percorso di conoscenza e disvelamento della verità: un atteggiamento che, a differenza della metafisica e della scienza, non risponde ad assiomi e fondamenti, ma preferisce un lento avvicinarsi all’oggetto di ricerca, un girargli intorno: “un lieve circoscrivere”.
Nelle opere pittoriche di Ennio Tamburi e di Achille Perilli – radunate per favorire un confronto tra due protagonisti della scena romana nella seconda metà del Novecento – assistiamo alla medesima condizione di costruzione di uno spazio logico e razionale sempre interdetto dalla fragilità della composizione, dall’inesattezza e dall’approssimazione del segno grafico, in una cercata
non-coincidenza tra costruzione e illusione dello spazio tridimensionale.
Entrambi pittori, scultori e scenografi, appassionati di quelle “storie di cubi e di rombi, di soldatini-lineette, di lune-triangoli” (Perilli) e alla ricerca di un “luogo immaginario da difendere / lì dove lo spazio è aperto a se stesso” (Tamburi), i due artisti operano per decenni condividendo una comune intenzione: quella sfida al geometrico e alla regola attraverso incroci di linee, diagonali spezzate, piani contorti e intersecati, compenetrazioni di forme atte a generare poliedri precari.
La serie dei “Recinti” di Tamburi – già comparsi negli anni ’70, poi protagonisti degli anni ’2000 – si compone di aree aperte e chiuse, a volte labirintiche, dove la continuità di una fascia omogenea, che scorre su campiture uniformi, si interrompe a favore di passaggi, cesure, punti di accesso verso un possibile “interno”, una zona delimitata dentro un vuoto indefinito.
Quando, nel 1982, Perilli scrive la sua “Teoria dell’irrazionale geometrico”, dirige la sua attenzione verso uno spazio immaginario, dove la geometria è un esercizio ritmico e illogico, le strutture disegnate simulano la tridimensionalità, diventano spigolose e acute, si allungano tanto da poter continuare oltre la tela.
Tra due artisti così prossimi, c’è tuttavia una distanza che si esplica per mezzo del colore, modulato in acquerello evanescente per Tamburi, metallico, brillante e timbrico in Perilli.
Leggerezza e tenacia si alternano in ogni proposta pittorica, ricercando infinite articolazioni dello spazio senza mai subire la tentazione fontaniana del superamento, dell’oltraggio alla tela, della crisi linguistica. “La prospettiva – scriveva Perilli – è la forma più repressiva della fantasia”: non resta che occuparsene dirottando il suo studio verso la manipolazione, l’invenzione e il fantastico.