Continua la rassegna “Trend” dedicata alle nuove frontiere della scena britannica, giunta alla sua XVIII edizione, in scena al Teatro Belli fino al 21 dicembre 2019. Lo scorso fine settimana siamo stati catapultati in un futuro apocalittico esterno e nei problemi intrisi di delusioni della coppia all’interno del nucleo familiare
Mac (Lorenzo Lavia) e Jane (Arianna Mattioli) sono coppia ormai da molti anni, hanno un passato intenso e pesante alle spalle, non possono avere figli. Vivono la frustrazione ogni giorno, lei a casa in fase di “ripresa” dalla depressione, lui impegnatissimo nel lavoro. Lei passa le sue giornate guardando la televisione che in loop manda un vecchio documentario sul discorso di Greta Thunberg all’ONU, durante tutta la pièce.
Premonitore di un futuro ormai già accaduto. Troppo tardi per porvi rimedio. Un mondo al collasso, ove la popolazione è troppo numerosa.
“Nessuno può avere un giardino, per avere un giardino bisogna spostare tre famiglie” dichiara lui, il verde è un “lusso” improponibile.
Mac arriva a casa dal lavoro ogni giorno con il volto coperto da una maschera antigas, il mondo fuori è tossico, entrambi vivono in questo appartamento grigio ed essenziale. L’energia elettrica e l’acqua sono razionati. Jane lava ossessionata il pavimento chiedendo a lui conferma quotidiana sulla sua bravura.
In questo grigiore, un giorno dal linoleum spunta una piantina che, con tenacia nonostante i due la taglino più volte, impone la sua vita.
È il germoglio di un albero di melo, l’albero primordiale, quello di Adamo ed Eva. Forse un nuovo inizio per la coppia, o forse la fine.
“Qualcosa è nato in casa nostra in fin dei conti” è la frase che lei dice aggrappandosi a questa nuova vita.
Il testo di Zinnie Harris, drammaturga contemporanea, ci mostra quello che potrebbe essere il mondo esteriore, a breve, e quello che è il mondo all’interno della coppia. Un barlume di speranza è nel finale che può essere interpretato con diverse sfaccettature, la prima positiva mentre la seconda, decisamente drammatica. La pièce è stata rappresentata al Teatro Belli grazie alla regia di Lorenzo Lavia e la traduzione di Monica Capuani.
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