Ispirata all’omonimo romanzo di Federico De Roberto, “I vicerè” con la regia di Guglielmo Ferro è stata in scena fino al 4 dicembre al Teatro Quirino Vittorio Gassmann di Roma
È morta donna Teresa Uzeda, la principessa di Francalanza… è così che inizia la pièce, il subbuglio, il caos, le sorti di una famiglia scombussolate da un evento nefasto. Colei che teneva gli equilibri della dinastia debutta nella prima parte del libro e della pièce, come una fine.
Un romanzo sofferto, scritto da De Roberto alla fine dell’ottocento spinto a raccontare le vicissitudini di una numerosa famiglia catanese (sembra che l’autore si sia ispirato ai Paternò) in cui ogni componente si distingue per la sua bizzarria e indubbia caratteristica personale. Tutti tenuti “in piedi” da una unica figura femminile, la madre. Nel momento in cui donna Teresa non ricopre più il suo ruolo e muore, iniziano a diffondersi litigi per l’eredità, intrighi, tradimenti e risvolti meschini prima tenuti a tacere.
È la rappresentazione dell’umanità se non è tenuta a freno e non vi è rango o appartenenza sociale, sesso, età, ruolo e dignità nelle vite raccontate con la guerra in sottofondo.
Ove la storia è una monotona ripetizione, oggi c’è l’amara razza degli Uzeda predoni spagnoli arricchiti. Ladri per rubarsi meglio l’un l’altro, con matrimoni falliti, matrimoni combinati e qualche figlio sparso qual là, domani saranno altri.
“Prima il potere veniva dal re e poi dal popolo da quando è stata fatta l’Italia” e, con amarezza, conclude così Padre don Blasco “in questo paese nulla muta, nulla”.