La sindrome dell’intestino irritabile colpisce circa il 20-40% della popolazione italiana. Le donne ne sono maggiormente affette. Circa 1700 Euro l’anno è il costo stimato per ogni paziente affetto
È la patologia più frequentemente diagnosticata dai gastroenterologi ed è un motivo comune di visite dal medico di famiglia.
La sindrome dell’intestino irritabile (SII o IBS dall’inglese irritable bowel syndrome) è una condizione patologica caratterizzata da dolore addominale associata a cambiamenti dell’alvo (funzione della defecazione), sia in senso stitico o in senso diarroico e con segni di alterata defecazione e meteorismo.
Il sintomo predominante della sindrome dell’intestino irritabile è il dolore.
I pasti rappresentano il momento in cui il dolore si scatena, viceversa, la defecazione o l’evacuazione di gas tendono ad alleviarlo o eliminarlo. Senso di tensione e distensione addominale sono spesso associati al dolore.
Cefalea, affaticamento, depressione, ansia, dolori muscolari e difficoltà di concentrazione sono altri possibili sintomi che si possono associare.
A seconda delle alterazioni dell’alvo che prevalgono è possibile diversificare le forme di Sindrome dell’intestino irritabile in 4 gruppi:
Sindrome dell’intestino irritabile con stipsi prevalente: meno di tre evacuazioni alla settimana, associate a sforzo durante la defecazione e senso di incompleto svuotamento intestinale. Il ricorso a lassativi è molto frequente in questo tipo di pazienti.
Sindrome dell’intestino irritabile con diarrea prevalente: feci molli, non formate, spesso più di tre evacuazioni al giorno, accompagnate da stimolo impellente, incontinenza e presenza di muco nelle feci. La diarrea, tuttavia, non interrompe il sonno né causa sindrome da malassorbimento.
Sindrome dell’intestino irritabile con alvo alterno: episodi di diarrea intensa si alternano episodi di stipsi più o meno grave.
Sindrome dell’intestino irritabile inclassificata: non prevale una precisa alterazione o alternanza dell’alvo, pur essendo presenti i sintomi sopra citati.
Le cause
Attualmente la causa della sindrome dell’intestino irritabile non è ancora chiara.
Essa è classificata come disturbo funzionale, ossia un’alterazione della motilità intestinale, della sensibilità dei nervi intestinali in assenza di alterazioni organiche che possano essere rilevate da esami endoscopico, radiologico, bioptico o esami del sangue. Pertanto, la SII è diagnosticabile in base alle caratteristiche sintomatologiche e, quando svolti, ad esami diagnostici nella norma.
Pur non essendo note le cause, spesso è facile individuare dei fattori scatenanti. Fattori emotivi (stress, ansia, depressione), dieta (pasto troppo calorico, prodotti caseari, fagioli, cioccolato, broccoli, asparagi etc. etc.) , farmaci (lassativi).
Terapia
Lo scopo della terapia è quello di avere un buon controllo sugli eventi che scatenano la sintomatologia.
Un buon rapporto medico-paziente è fondamentale per individuare le situazioni o gli alimenti correlati alla esacerbazione dei sintomi. In base alla prevalenza dei sintomi ed alla correlazione con i fattori scatenanti sarà poi il medico a stabilire se sono necessari trattamenti farmacologici oppure se è sufficiente la sola correzione delle abitudini alimentari.
Quali cibi evitare?
Chi soffre di colon irritabile dovrebbe limitare il consumo di alimenti che facilitano l’esacerbazione dei sintomi:.
- Latte e derivati (compreso il gelato)
- dolcificanti (sorbitolo, fruttosio, mannitolo) e marmellata;
- frutta (kiwi, pere, prugne, uva);
- verdura (cavoli, carciofi, cipolle, broccoli);
- legumi e patate;
- spezie, dadi, alimenti concentrati;
- caffè, tè;
- bevande gassate (compresa l’acqua);
- cibo in scatola;
Inoltre, l’abitudine di mangiare velocemente è invece frequentemente associata al colon irritabile, per cui dovrebbe essere buona abitudine consumare i pasti lentamente.
I consigli
Un elenco di piccoli accorgimenti per la prevenzione ed il trattamento del colon irritabile:
- Tenere un diario alimentare dove annotare gli alimenti “scatenanti”
- Consumare il pasto lentamente;
- prediligere pasti leggeri e frequenti;
- modulare l’apporto di fibre in base alla sintomatologia;
- ridurre l’apporto di lattosio e polisaccaridi fermentabili e polioli;
- diminuire l’apporto di cibi grassi;
- ridurre l’apporto di alimenti che aumentano la produzione di gas intestinali;
- mantenere una buona idratazione, bere almeno 1,5 lt di acqua al giorno;
- camminare almeno 30 minuti al giorno.
Oltre a seguire le indicazioni in campo alimentare per alcuni pazienti sono necessarie ai fini della gestione dei sintomi della SII tecniche di modifica del comportamento (come la terapia cognitivo-comportamentale), la psicoterapia e l’ipnosi.
Per approfondimenti https://www.iffgd.org/