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La magia della musica da camera a Santa Cecilia con l’Hagen Quartett e Enrico Bronzi

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Hagen Quartett

Lo scorso 29 gennaio la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma ha accolto un evento musicale di grande prestigio: l’Hagen Quartett uno dei quartetti più apprezzati e rispettati al mondo, protagonista di una serata che celebra l’eccellenza musicale, accompagnato dal violoncello di Enrico Bronzi, un altro nome di spicco della scena internazionale. In programma il Quartetto per archi in la maggiore op. 41 n. 3 di Schumann e il Quintetto per archi in do maggiore op.postuma 163, D 956

La Sala Petrassi all’Auditorium Parco della Musica è perfetta per accogliere la musica da camera e in particolare l’intimità che si crea con violino, viola e violoncello. L’Hagen Quartett è concentrato, disposto in semicerchio esegue la sofferente composizione di Schumann che rispecchia la sua personalità che passa dalle dolcezze più intime alla profonda serenità. Il Finale. Allegro molto, combina passaggi brillanti con momenti di intensa tensione, portando a una conclusione vibrante e piena di vita.

I musicisti concentrati sulle partiture si armonizzano tra di loro solo attraverso le note in un sublime concerto impegnativo per la variabilità dei toni. Ogni movimento sembra un quadro di una poesia.

La composizione è del 1842 che è un anno decisivo per Schumann. Dopo aver dedicato gli anni precedenti principalmente alla composizione di musica per pianoforte, il compositore sentiva il bisogno di confrontarsi con il genere del quartetto d’archi, che considerava una delle forme più elevate della musica da camera.

Il primo movimento, Andante espressivo. Allegro molto moderato, esprime una raffinata alternanza tra passaggi più meditativi e improvvise esplosioni di energia in cui il quartetto prende una forma più classica. Il secondo movimento, Assai agitato. Un poco Adagio.Tempo risoluto è vivace e giocoso, con una ritmica che dà l’impressione di una danza frenetica, mentre il Adagio molto è un esempio sublime di lirismo romantico, con linee melodiche che scorrono dolcemente e portano l’ascoltatore in un paesaggio sonoro di profonda serenità. Il Finale. Allegro molto, combina passaggi brillanti con momenti di intensa tensione, portando a una conclusione vibrante e piena di vita.

La seconda parte del concerto vede la partecipazione insieme all’ Hagen quartett del secondo violoncello di Enrico Bronzi.

Schubert scrisse il Quintetto per archi D 956 nell’estate del 1828, poco prima della sua morte. Il suo stato fisico fragile non gli impedì, però, di comporre questa opera, che spesso viene vista come una sorta di testamento musicale. Il quintetto venne scritto su richiesta di un suo amico, il violinista Ignaz Schuppanzigh, e rappresenta un passo significativo nell’evoluzione della musica da camera di Schubert. L’opera aggiunge un secondo violoncello all’organico standard di quartetto d’archi, creando una sonorità più ricca e complessa, capace di esprimere una maggiore intensità emotiva.

Nel Quintetto D.956 di Schubert si percepisce la sofferenza del compositore che probabilmente non ha mai neanche ascoltato la prima esecuzione. Violini e violoncelli dialogano si rincorrono per poi trovarsi insieme come in una danza. È nel finale trionfante che si percepisce qualche nota ungherese.

Un pubblico esperto e amante delle sfumature più sottili ha apprezzato il concerto uscendo dalla Sala Petrassi come incantato dalla magia delle note. Un’attenzione particolare e suadente ha contraddistinto la serata accentuandone l’intimità dell’esecuzione dell’ Hagen Quartett ed Enrico Bronzi.