Qualche giorno fa mi stavo confrontando con una collega psicoterapeuta sugli adolescenti e sulle dinamiche emozionali che sembrano caratterizzarli maggiormente negli ultimi tempi
La collega mi parla delle emozioni che i ragazzi e le ragazze che incontra nel suo studio le portano in terapia. La rabbia, la voglia di cambiare il mondo (o anche solo quella di “spaccarlo”, come si diceva una volta), l’euforia, sono assenti o al limite sono personaggi secondari, spesso nascosti dietro le quinte, in un racconto che ha un unico, imperante, protagonista: la noia.
Adolescenti apatici, perennemente annoiati, privi di desideri o di qualsivoglia aspirazione.
La collega terapeuta parla manifestando tutta la fatica che prova. Il lavoro terapeutico con l’adolescente annoiato è difficile, estenuante, non si riesce a cavare un ragno dal buco. La noia è frustrante, perché ci appare come assenza di desiderio, dunque di vita, di scopo, di direzione. “ Mi sembra di girare in tondo”, senza meta, senza storia, senza tempo.
Mentre la collega racconta, nella mia mente risuona un ritmo incalzante, una danza ossessiva, quasi tribale, seppur elettronica. E poi queste parole:
“Muoio senza morire in questi giorni usati
vivo senza soffrire, non c’è croce più grande,
non ci resta che ridere in queste notti bruciate,
una corona di spine sarà il dress-code per la mia festa.
È la cumbia della noia!”
Sono le parole della canzone vincitrice dell’ultimo Sanremo, La noia, interpretata da Angelina Mango, figlia d’arte con il bollino di garanzia di Maria De Filippi, e scritta insieme a Madame , cantautrice ricordata – purtroppo – dal grande pubblico più per l’uso dell’auto-tune che per la sua incredibile sensibilità letteraria.
Madame, un’artista che ha saputo portare De Andrè a Sanremo (il palco che il cantautore genovese ha sempre rifiutato di calcare), rinvigorendo il senso delle prostitute di Via del Campo in chiave contemporanea, oltre a saper narrare la propria generazione in modo spesso spiazzante e forse disturbante.
Angelina Mango e Madame, entrambe 22enni, dall’adolescenza sono appena uscite, per entrare prepotentemente nell’età adulta con un successo improvviso. Non credo sia casuale che la noia sia stata scelta dalle due artiste come emozione iconica per rappresentare non solo sé stesse, ma forse un’intera generazione.
La noia è un’emozione difficile da interpretare. Apparentemente è una reazione frustrata alla stasi, che sembra livellare tutta la gamma emozionale che solitamente proviamo.
Un’emozione raccontata come individuale, ma che si costruisce e si condivide socialmente. Stare in relazione con una persona annoiata letteralmente annoia. E dal momento che stare con la noia è molto frustrante, la reazione sociale più comune è contrastarla aggressivamente. Così, una persona annoiata evocherà nell’altro – come nel caso della collega terapeuta – un vissuto di impotenza e una rabbia reattiva: “svegliati dall’apatia, fai qualcosa, desidera”.
La noia non è un semplice disinteresse, un’accidia dello spirito. Che sia legata a doppio filo con una componente aggressiva lo testimonia l’etimo. Noia deriva dal latino inodiosus , cioè qualcosa che è “in odio”. L’odio è una forza repulsiva e distruttiva che nella noia si contiene, conservandone però alcune tracce: l’irrequietezza, la frustrazione, il vissuto di qualcosa di intollerabile che viene isolato e tenuto a distanza. La noia sembra dunque la corazza emozionale di un vissuto molto più deflagrante ed è proprio la sua condivisione relazionale che avverte di tale vissuto. L’altro che sta in relazione con l’annoiato si arrabbia, invita a destarsi dalla noia per non finirne inghiottito e per non sottomettersi alla componente aggressiva che la noia porta con sé.
Quella morte senza morire, quella vita senza soffrire, di cui parlano Angelina Mango e Madame, sono una rappresentazione molto efficace della condizione che permea le nuove generazioni.
Un’impossibilità a desiderare che è accompagnata anche a una impossibilità a manifestare quello che c’è dietro, nel suo doppio senso, pubblico e privato. Manifestare cosa si prova a essere adolescenti o giovani adulti nel mondo odierno, ma anche a manifestare la ribellione collettiva, come le generazioni precedenti hanno fatto più o meno efficacemente.
Nonostante questa impossibilità, la canzone vincitrice di Sanremo porta con sé altri significati, più maturi di quanto possa sembrare a un primo ascolto.
È la stessa Angelina Mango a dichiararlo in un’intervista:
“Spesso i momenti tristi sono il seme, il preludio a una nuova felicità, il buio prima della luce. Non si deve aver paura della noia: va accolta, è importante, così come tutti i sentimenti che ci portano giù, in fondo. C’è una risalita, sempre. La noia non va combattuta: è tempo prezioso da dedicare a noi stessi. E nei momenti difficili, bisogna ballarci sopra”.
Nelle sue parole c’è un invito alla sospensione dell’agito. La noia, come tutte le emozioni, non va rimossa, va compresa. E’ un tempo prezioso. Forse non solo da dedicare a noi stessi, ma da mettere in relazione con l’altro, con i propri contesti. Una rinascita, più che esistenziale, psicologica. Allora la noia, portata in terapia, non sarà solo motivo di frustrazione, ma di costruzione di senso.
Un senso che non è scontato, uniformante, ma che è sempre contestuale. Ciascun adolescente annoiato, tramite la noia, porta un indizio che va esplorato. Il terapeuta deve essere disposto a coglierlo e accoglierlo per accedere al mondo emozionale che cela.
Articolo per gentile concessione dell’Ordine degli psicologi del Lazio