Mercoledì 1° marzo nella Sala Sinopoli, all’Auditorium Parco della Musica, Mario Brunello si è esibito con l’ultimo concerto del progetto dedicato alle Suites, Sonate e partite BWV 1001-1012 di Johann Sebastian Bach. Si è chiuso così il ciclo ideato dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia iniziato e proseguito il 6 novembre 2019, il 29 gennaio 2020 e il 16 novembre 2022
In programma in questa ultima data la Suite n.1 in sol maggiore per violoncello BWV 10017, la Suite n.3 in do maggiore per violoncello BWV 1009 e la Sonata n.3 in do maggiore per violino BWV 1005.
La sala silenziosa aspettava da mesi questo momento, Mario Brunello è una celebrità, la sua passione e la ricerca continua nel mondo del violoncello lo ha portato più volte a divulgare la sua arte rendendone partecipe il pubblico. I suoi concerti sono sempre accompagnati da una spiegazione, un contatto diretto che prende ancora più valore in un concerto da camera in cui l’intimità è ricercata.
Ed è così che queste composizioni bachiane che hanno creato un universo per gli strumenti a quattro corde prendono vita. Il violoncello piccolo, che è un violino basso accordato con un’ottava più bassa, era in uso ai tempi di Bach. Non solo le sei suite che accompagnano ogni violoncellista che creano un “credo” sono state il programma dedicato al compositore. Brunello le vede come dodici Stelle ( ognuno un Sole a sé) in un universo.
Le ultime la n.1 e la n.3 mettono in evidenza una necessità di tirare fuori il canto, nella n.1 con un arpeggio si-la-si che tira fuori una voglia di melodia e diventano un piccolo tema. Si trovano dal Prélude fino ai Menuett I e soprattuto nel Menuett II.
La Suite n.3 è considerata la più virtuosistica strumentale anch’essa tende al canto. Una serie di scale, note che scendono e salgono come definisce Brunello “una melodia strascicata con delle legature improvvise come a voler cantare anche il virtuosismo strumentale”. La Bourrée I e II sembra una canzone popolare e soprattutto la Gigue con influenza di musiche orientali.
La Sonata n.3 in do maggiore per violino, come le altre, sono composizioni che azzardano molto ma diventa quasi visionaria.
Ricorda molto il quartetto vocale, i madrigali e portata al tempi di Bach si trasforma in fasce sonore ognuna con la sua linea autonoma. Nell’Adagio il fascio di quattro voci sembra che venga preso da solo ognuna con un suo testo, come nella polifonia sembra che suonino ognuno con una voce diversa. Questo sembra che sia stato ripreso dal veneziano Alessandro Marcello nel concerto per oboe in re minore ha la stessa introduzione armonica (del film “Anonimo veneziano”, 1970 diretto da Enrico Maria Salerno). Il tema della Fuga ha un’impronta corale, con 354 battute, sette sezioni, quattro voci, tutto con quattro corte, una sfida. Il tema è preso da uno o due corali messi insieme, sette episodi che si alternano tra fugali stretti e virtuosismi e a metà del tema tutto viene rovesciato a specchio come avviene spesso nello stile bachiano.
Il Largo, un recitativo intimo a due voci che ricorda molto il canto la canzone, un semplice ritornello. L’Allegro assai, come un esultate con coro con timpani e trombe, che si ottiene con una tecnica che si chiama bariolage una corda suona sempre la stessa nota e con le altre si muove la linea melodica.
“La Sonata di Bach è il più grand omaggio fatto ad uno strumento a quattro corde che sia stato fatto” conclude Brunello e inizia il suo meraviglioso concerto nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica a Roma.