Come si può spiegare un argomento scientifico complesso come le onde gravitazionali, di non immediata assimilazione, a scolaresche di classi medie senza rischiare di annoiare la platea ed indurla a pensare ad altro?
Ci sono riusciti benissimo Alessandro Gnucci e Massimiliano Trevisan, i due conduttori dello spettacolo-conferenza tenutosi oggi 18 aprile 2018, nel Teatro Studio Borgna, all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Conferenza facente parte del National Geographic Festival delle Scienze, in programma dal 16 al 22 aprile.
Con una serie di strumenti e attrezzature scientifiche hanno illustrato ad una interessata e coinvolta platea, i sistemi di propagazione delle onde. Dapprima usando delle lunghe molle, poi man mano strumenti sempre più sofisticati. L’obiettivo era di osservare il propagarsi delle onde in diversi contesti. In una dimensione, la lunghezza, in due dimensioni, il piano, in tre dimensioni, il volume. Quest’ultimo contesto sarebbe quello relativo allo spazio, ma, fin dai primi approcci con la fisica, tutti sanno che nello spazio è presente una quarta dimensione. Il tempo.
Illustrare e spiegare il concetto di tempo nell’Universo può sembrare semplice, ma di fatto non lo è. Se già consideriamo che le stelle non le osserviamo nella loro realtà attuale, ma sono la corrispondenza di ciò che erano tanti anni fa quanti sono gli anni luce che distano dalla Terra. In parole più semplici, se la distanza da una stella è calcolata in dieci anni luce, significa che quello che vediamo è successo non oggi, ma dieci anni fa. Il tempo cioè, che la luce di quella stella ha impiegato a giungere fino a noi.
Quindi quello che vediamo è solo un’illusione temporale.
E per spiegare questa illusione, Alessandro e Massimiliano hanno usato l’esempio del cinema. Nel cinema la telecamera registra delle scene con una frequenza di venticinque fotogrammi al secondo. Ora, se questi fotogrammi venissero scattati sempre sulla stessa scena, azionando la pellicola si vedrebbe un qualcosa di statico. In pratica quello che vediamo dopo, nel film, sia esso dinamico o statico, non è il tempo reale, ma solo l’illusione che lo sia.
Ed è quello che succede nello spaziotempo. Si vedono oggi cose che il regista dell’Universo ha “girato”, migliaia, milioni o miliardi di anni fa.
Albert Einstein, lo scienziato per antonomasia, aveva intuito una cosa non dimostrabile ai suoi tempi, che contrastava con le teorie di un altro grande scienziato, Isaac Newton. La teoria della gravitazione universale di Newton sostiene che i corpi celesti si attraggono per forza di gravità. La teoria di Einstein invece afferma che tali corpi si avvicinano l’un l’altro per le increspature che la loro massa genera nello spazio tempo. Avvincente.
Usando uno speciale telo a simulare lo spaziotempo e delle biglie metalliche a simulare i corpi celesti i due conduttori hanno fatto vedere che succede proprio questo.
Ok, va bene, ma che c’entrano le onde gravitazionali?
Bene, usando un trapano con al posto della punta due biglie perpendicolari tra loro, hanno fatto vedere che la loro rotazione al centro del telo, genera delle onde che si propagano a spirale verso la periferia del telo.
Proprio quello che si ipotizza sia successo a un miliardo e mezzo di anni luce nell’Universo. Due immensi buchi neri, uno 26 volte la massa del sole, l’altro 36, hanno cominciato a roteare vorticosamente tra di loro e, fondensosi, hanno generato queste onde nell’immenso “telo” universale. Tali onde gravitazionali si sono propagate nell’Universo alla velocità della luce e sono giunte a noi, catturate da apparati tecnologici sofisticatissimi, i LIGO, nel 2015. Esattamente un secolo fa, nel 1915, Einstein aveva predetto la loro esistenza. Come il destino dei grandi conferma di volta in volta.
Valter Laurenti
Salviamo gli oceani con Sylvia Earle. Festival delle Scienze