La vita dell’uomo, fin dalla sua comparsa sulla terra, è stata sempre contrassegnata dalla scoperta di materiali e dall’uso quotidiano di oggetti fabbricati con essi
Oggetti sempre più precisi e raffinati, fabbricati con materiali diversi, hanno contraddistinto i vari periodi della storia. L’età della pietra, del ferro, del rame, del bronzo, ecc…
Fino ad arrivare nell’epoca moderna con la rivoluzione industriale e l’uso massiccio di carbone fossile, petrolio, acciaio, cemento, e soprattutto, nell’era dell’elettronica, il silicio.
Come si scoprono i nuovi materiali?.
Ce lo spiega Nicola Marzari, relatore dell’ultima conferenza del ciclo “La scienza e noi”, organizzata da BrainCircleItalia, che si è conclusa al Teatro Piccolo Eliseo il 7 maggio scorso.
Un’iniziativa, quest’anno alla seconda edizione, organizzata da Viviana Kasam, che tende a portare al grande pubblico la ricerca scientifica d’avanguardia, spiegando come potrà incidere sul nostro futuro.
Nicola Marzari è uno scienziato italiano, che dopo una laurea a Trieste e un dottorato a Cambridge, è diventato professore al MIT, ad Oxford, e al Politecnico Federale di Losanna. Qui dirige MARVEL, un centro che coinvolge 40 gruppi di ricerca su quello che viene definito “il genoma dei materiali”. Tanto per chiarire, un investimento di 250 milioni di dollari da parte della Casa Bianca, dal 2011 in poi.
Marzari lavora nel suo laboratorio, con un computer progetta nuovi materiali sfruttando fisica quantistica, nanotecnologie e gli algoritmi dei big data.
Ha scoperto 2000 materiali bidimensionali, meritandosi una copertina su Nature Nanotechnology. La vera rivoluzione è che si possono calcolare le proprietà di un materiale prima che venga prodotto realmente. Lo si può fare sempre più velocemente, e verso una ricerca che tenga sempre conto fortemente dell’etica, in un’ottica di salvaguardia del benessere collettivo e del pianeta.
Da qui la ricerca di materiali meno inquinanti, biodegradabili, energie alternative quali il sole e il vento, migliorando possibilmente le tecnologie attuali.
Si è calcolato che per soddisfare il fabbisogno energetico mondiale ci vorrebbe una superficie di pannelli solari grande circa sei volte la Svizzera. Dove li potremmo posizionare? Il posto ci sarebbe. Il Sahara, i deserti Statunitensi, la maggior parte dell’Australia, tutte aree desertiche, ricche di sole e praticamente inservibili per altri scopi. Cosa lo impedisce? Sicuramente i contrasti politici internazionali, la difficoltà di trovare accordi precisi, il boicottaggio da parte degli enormi interessi legati al petrolio.
Eppure bisogna essere fiduciosi. Sono stati fatti passi da gigante negli ultimi decenni, soprattutto per l’elettronica, processori sempre più potenti sono presenti nei nostri smartphone e nei nostri pc. Basti pensare che tecnologie enormemente inferiori hanno mandato l’uomo sulla Luna.
Emblematica l’immagine di una pila di volumi alta quanto la persona che li ha scritti, contenenti i codici della missione Apollo 11.
Oggi basterebbe una chiavetta USB a contenerli tutti.
Purtroppo l’alta tecnologia ha attualmente un riscontro molto poco etico. Il coltan, la sabbia nera leggermente radioattiva usata per la componentistica di pc e cellulari, si estrae in Centro Africa con metodi da schiavitù. Anche per i bambini. Lo stesso vale per tutto l’oro presente nei telefoni cellulari in disuso. Viene riciclato sempre nei paesi africani e sempre con la stessa modalità. Sfruttamento del lavoro, anche minorile, con metodi schiavizzanti.
Da qui la speranza che si ripone in scienziati come Marzari, che puntano il loro obiettivo verso il raggiungimento del benessere non solo per gli utilizzatori finali del mondo industrializzato, ma per tutti coloro che sono inseriti nei processi produttivi.
Concludendo, un aereo riesce a volare perché i componenti delle turbine non fondono, in quanto protetti da materiali che dissipano l’enorme calore, oggi telefoniamo con un clic invece che con la tasca piena di gettoni, le operazioni chirurgiche salvano più vite grazie anche alla bioingegneria e all’impianto di materiali biocompatibili.
Tutto questo lo dobbiamo agli sforzi, alle intuizioni e alla dedizione umanistica di Nicola Marzari e dei suoi colleghi scienziati.
Il loro lavoro ci fa ben sperare per il futuro collettivo e, un po’ egoisticamente, pensare: ”meno male che esistono”.