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Un successo per il Middle East Now che premia “Sunless Shadows” di Mehrdad Oskouei

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“Sunless Shadows” di Mehrdad Oskouei
Una settimana d’immersione totale nella cultura mediorientale attraverso film, talk, arte ed eventi quella del Middle East Now dal 4 all’11 ottobre, che si conclude con il pubblico che premia il lungometraggio “Between Heaven and Earth” della regista palestinese Najwa Najjar. Mentre il Premio Cinema Iran 2020, dedicato alla memoria di Felicita Ferraro, storica collaboratrice del festival, è andato a “Sunless Shadows” di Mehrdad Oskouei 

“Ombre senza sole” è quello che sono le detenute minorenni in carcere per aver ucciso il marito, il padre o un altro membro maschile della famiglia. Il regista iraniano Mehrdad Oskouei dopo il successo del 2016 di “Starless Dream” in cui documenta un carcere minorile di Theran sul tema dell’infanzia rubata, ritorna, dopo tre anni con altre “bambine” vittime della società in cui vivono con “Sunless Shadows”.

Mehrdad entra dentro le loro vite e all’interno del carcere, le intervista e le riprende, con inquadrature precise e dirette. Le ragazze parlano come in una seduta di psicanalisi, tirano fuori il loro dolore e talvolta il loro amore per chi hanno ucciso. A una di loro manca il padre che, stanca delle sue violenze sulla madre, aveva già cercato di uccidere una prima volta “ma il coltello non entrava nella carne”. Un’altra sposa-bambina appena dodicenne, prese marito per scappare dall’inferno della sua famiglia ignara di trovarne  uno peggiore. Tra un racconto e l’altro c’è la loro vita di adesso, in un’unico stanzone dove giocano, ridono e si sentono protette.

In giardino ci sono fiori, piante e anatroccoli gialli, un bambino piccolo vive con loro è il figlio di una ragazza. Le adolescenti tra una confessione e l’altra giocano a campana e vestono delle bambole che tengono per dormire.

Ci si chiede quale sia la linea sottile che definisce il bene ed il male vedendo la loro purezza ed essendo consapevoli che per un istante sono state spietate assassine. Il regista rimane presente, anche se non si vede mai, durante tutte le riprese e si percepisce attraverso la disinvoltura che acquistano le adolescenti davanti alla cinepresa. Un film al femminile girato da un uomo, che non giudica, non prendere le parti di nessuna di loro, riporta solo i fatti con la limpidezza del suo documentario e lascia allo spettatore la confusione di saper cos’è giusto o sbagliato.