L’inquinamento dell’ecosistema marino causato da microplastiche è un problema che negli ultimi anni è diventato ancora più evidente. L’impatto sugli animali e sull’uomo è ormai un problema dichiarato.
Il termine “plastic soup” è stato coniato da Charles Moore per identificare le grandi isole di rifiuti presenti negli oceani stimati a circa 270.000 tonnellate di plastica.
Ogni volta che facciamo una lavatrice contribuiamo ad inquinare i mari del nostro pianeta perché ogni lavaggio rilascia fibre plastiche inferiori a millimetro che gli impianti di trattamento delle acque di scarico non sono in grado di bloccare.
Nel 2011 a seguito di studi condotti dal gruppo di ricerca dell’Università inglese di Plymouth, sotto la guida del Prof. Richard Thompson, oggi considerato il pioniere nel campo delle microplastiche è stata scoperta la fonte principale di microplastiche.
Attraverso campionamenti eseguiti sui sedimenti marini prelevati in 18 paesi, il processo di lavaggio domestico e/o industriale di capi sintetici è stato identificato infatti come una delle fonti più significative di inquinamento da microplastiche.
I tessuti sintetici in seguito a sollecitazioni meccano-chimiche alle quali gli indumenti sono sottoposti durante un processo di lavaggio in lavatrice ne sono la causa.
E’ emersa quindi negli ultimi anni la necessità di trovare efficaci misure di mitigazione e prevenzione rispetto al problema del rilascio di microplastiche dovuto al lavaggio di tessuti sintetici.
A questo scopo alcuni ricercatori di diversi paesi europei stanno cercando di fornire una risposta concreta attraverso il progetto “Mermaids”. Tale progetto, coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Istituto per i Polimeri, Compositi e Biomateriali, IPCB, di Pozzuoli ed Istituto per lo Studio delle Macromolecole, ISMAC, di Biella) è inserito nel programma europeo LIFE+ per la salvaguardia ambientale e dal 2014 si occupa del problema in esame, attraverso un’intensa attività scientifica e divulgativa.
Le microplastiche, frammenti plastici caratterizzati convenzionalmente da dimensioni laterali inferiori ai 5 mm (< 1 mm secondo alcuni autori più recenti), rappresentano pertanto una delle nuove e più preoccupanti forme di inquinamento marino; per via delle loro dimensioni, infatti, esse non sono bloccate dagli impianti di depurazione delle acque di scarico e raggiungono indisturbate mari e oceani.
Le microplastiche rappresentano un serio problema anche per la salute, dato che, nell’ambiente marino, rimangono quasi completamente inalterate e possono essere ingerite dal plancton e da altri organismi, entrando così nella catena alimentare umana.
Inoltre, data la loro natura, tali frammenti possono anche legare inquinanti organici presenti nell’ecosistema acquatico, che anch’essi ingeriti dalla fauna marina, possono arrivare fino all’uomo.
Sono stati identificati cinque principali isole oceaniche di rifiuti, inclusa la cosiddetta isola di plastica del Pacifico.
Ma non derivano solo dal lavaggio degli indumenti, esse possono derivare anche dalla degradazione di materiali di scarto di grandi dimensioni come sacchetti e imballaggi, da abrasivi, sabbiature o da prodotti per la cosmesi, come le microsfere di polietilene usate negli scrub della pelle.
Il progetto “Mermaids” si pone come obiettivo principale quello di contribuire a mitigare l’impatto delle microplastiche, prodotte durante i lavaggi dei tessuti sintetici, sugli ecosistemimarini europei, attraverso l’ottimizzazione delle pratiche di lavaggio, la messa a punto di nuovi materiali da impiegare nel finissaggio dei tessuti sintetici, la formulazione di nuovi additivi per detergenti. Esso inoltre punta allo sviluppo di nuove linee guida per l’industria tessile, i produttori di detersivi e i consumatori con l’obbiettivo di raggiungere il Good Environmental Status (GES) entro il 2020.
STUDIO:
Data la complessità della problematica nell’ambito del progetto è stata condotta un’importante campagna di informazione e sensibilizzazione sull’argomento attraverso la diffusione in 17 Paesi Europei di un questionario volto alla comprensione delle abitudini di lavaggio domestico. Tale indagine ha permesso di acquisire informazioni relative all’utilizzo di indumenti sintetici, alle lavatrici domestiche più diffuse, ai programmi, alle temperature e alla durata media dei cicli di lavaggio, alla quantità di lavaggi settimanali effettuati, ai pretrattamenti applicati, all’utilizzo di centrifuga e asciugatrice. Le informazioni acquisite sono state utilizzate per mettere a punto dei test di simulazione dei lavaggi in lavatrice, cercando di riprodurre il più possibile le condizioni più utilizzate.
La simulazione di lavaggi sia domestici che industriali è stata condotta su tessuti standard in poliestere, poliammide, polipropilene e fibra acrilica, applicando le condizioni previste dalle relative normative (UNI EN ISO 105-C06:2010 e 105-C12:2004). Le acque provenienti dai suddetti lavaggi sono state filtrate ed i filtri, di forma circolare, sono stati analizzati al microscopio elettronico a scansione (SEM) per individuare e riconoscere particelle sintetiche di dimensioni micrometriche e nanometriche. Nello specifico, con il microscopio è stato osservato solo una parte della superficie di ogni filtro, effettuando il conteggio delle fibre presenti. Di seguito, attraverso l’elaborazione di un metodo statistico, è stato possibile riportare il risultato ottenuto per la parte analizzata, a tutta la superficie del filtro ottenendo il numero totale di fibre da esso trattenute.
Allo scopo di verificare i parametri di lavaggio, quali pH, temperatura, azione meccanica, tipologia di additivo e di detergente, che maggiormente influenzano il rilascio di microfibre dagli indumenti, diverse formulazioni di detergenti e varie condizioni di lavaggio sono state utilizzate ed analizzate.
RISULTATI:
Questo studio ha evidenziato che alte temperature, alti pH dei detergenti impiegati e programmi di lavaggio lunghi o che prevedano passaggi in centrifuga ad alte velocità, danneggiano maggiormente i capi, inducendo il rilascio di centinaia fino a migliaia di fibre sintetiche per grammo di tessuto lavato. I dati preliminari ottenuti da questa indagine hanno consentito di individuare pratiche di lavaggio che, pur mantenendo alta l’efficacia pulente, riescono ad agire con minore aggressività sul tessuto, preservandolo dall’invecchiamento e limitandone il potere inquinante. Inoltre, analizzando diverse tipologie di tessuto (diverse per tipologia di filato e composizione chimica), sono state individuate alcune proprietà del substrato tessile, quali ad esempio la compattezza e la tendenza al pilling, che peggiorano la resistenza all’attrito, e quindi favoriscono il rilascio di microfibre durante i lavaggi in lavatrice.
Per quanto riguarda la mitigazione del rilascio di microplastiche, la ricerca è stata focalizzata sia all’impiego di nuovi additivi da aggiungere alle tradizionali formulazioni di detergenti già presenti sul mercato, sia alla sperimentazione di nuovi ausiliari tessili da impiegare per il finissaggio dei tessuti. Queste ultime, che sono attività ancora in corso, mirano anche a promuovere nuove collaborazioni con il mondo industriale e a creare un contatto diretto con l’industria tessile e i produttori di ausiliari tessili e di detersivi, con l’obiettivo di promuovere l’elaborazione di nuove linee guida che possano dirigere il mercato verso soluzioni biocompatibili ed efficaci a mitigare il problema del rilascio di microplastiche da tessuti sintetici nella sua globalità.
Personale coinvolto nelle attività ricerca:
IPCB-CNR (Pozzuoli) Dott. Maurizio Avella Dott.ssa Mariacristina Cocca Dott.ssa Emilia Di Pace Dott. Gennaro Gentile Dott.ssa Maria Pia Gullo Dott.ssa Francesca De Falco
ISMAC-CNR (Biella) Dott.ssa Raffaella Mossotti Dott. Alessio Montarsolo Dott.ssa Sara Gavignano Dott.ssa Alessia Patrucco Ing. Claudio Tonin