Nata a metà dell’800 Lidia Pöet è stata la prima avvocatessa ad entrare nell’Ordine degli Avvocati di Torino. La sua storia è raccontata da Matteo Rovere in sei episodi dal 15 febbraio su Netflix. Prodotta da Grøenlandia, la serie, creata da Guido Iuculano e Davide Orsini, ha come protagonista Matilda De Angelis
La sua interpretazione è fresca e determinata, incarna il carattere risoluto dell’avvocatessa, spigliato e libero. Lidia mette la passione per la professione al primo posto, non vuole sposarsi e pur di inseguire i suoi sogni se ne va di casa giovanissima ripudiata dal padre.
I suoi amori sono quasi “accessori” soddisfano bisogni carnali e assecondano quelli intellettivi, i suoi amanti sono amici, complici, riferimenti nella sua vita e fedeli a lei rispettandola nel suo desiderio di libertà. Lidia non potrà esercitare la professione se non alle spalle del fratello che però la accoglierà insieme alla sua ventata di modernità.
Sono sei gli episodi in onda su Netflix dal 15 febbraio, episodi che volano uno dietro l’altro e che alla fine ci lasceranno desiderosi di vederne ancora, conoscere cosa farà Lidia domani, quale altro caso districherà, quale altra persona aiuterà con le sue osservazioni da Sherlock Holmes attenta ad ogni piccolo dettaglio.
“Lidia Pöet” è girata in una Torino ottocentesca riprodotta alla perfezione (scenografie di Luisa Iemma e arredi di Giorgio Pizzuti) così come i costumi (di Stefano Ciammitti si sono ispirati i tessuti alla storica Tessitura Luigi Bevilacqua di Venezia) in ogni particolare o accessorio, dal trucco agli orecchini ai nastrini intono al collo della protagonista a tutti i costumi dei personaggi che le roteano attorno.
La serie è diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire e scritta da Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro e Paolo Piccirillo.
Note di regia di Matteo Rovere “Il racconto di una donna che impiega trentasette anni di battaglie per ottenere quello che è giusto ha dell’incredibile e ha ovviamente un forte portato epico.
Per riportare sullo schermo questo carattere abbastanza unico, ho adottato ottiche larghe e ho lavorato con la camera bassa per enfatizzare il rapporto tra il suo volto e il suo tempo. Con shot ampi si ottiene un racconto molto cinematografico, ma che al tempo stesso ci permette di vedere la nostra protagonista in relazione al contesto nel quale vive.