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Il thriller drammatico “La Rabbia” di Louis Nero è disponibile sulle principali piattaforme

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"La rabbia" di Louis Nero
“La rabbia” è disponibile da subito nei cataloghi Prime Video, Itunes e GooglePlay, il thriller drammatico diretto da Louis Nero e uscito nelle sale   nel 2008 è distribuito da L’Altrofilm

Il cast è eccezionale: formato dalla Premio Oscar Faye Dunaway (candidata per tre volte alla statuetta), da Franco Nero, Nino Rogner, Corin Redgrave, Giorgio Albertazzi, Philippe Leroy, Lou Castel, Arnoldo Foà, Tinto Brass, Corso Salani, Giampiero Lisarelli, Jun Ichikawa, Barbara Enrichi, Gregorio Napoli e Selene e Asia Cibelli.

Il film, che vede Louis Nero anche come produttore esecutivo (con Franco Nero per la Louis Nero Film), nonchè direttore della fotografia, montatore e co-autore della sceneggiatura – con Timothy Keller – si avvale delle scenografie di Vincenzo Fiorito e delle musiche di Teho Teardo.

La canzone originale del film, firmata dal Premio Oscar Louis Bacalov, è stata candidata al David di Donatello 2008.

Sinossi:

La rabbia“racconta di un giovane regista che tenta disperatamente di realizzare un film. La visione del mondo da parte del protagonista muta in relazione agli stati di paura e determinazione che si alternano nella realizzazione del suo personalissimo progetto. Sarà un’azione estrema – suggerita da una frase di Bertolt Brecht – ovvero la rapina di una banca per autoprodursi, a dare una chiave universale a tutta la vicenda. Ora bisogna distribuire il film e il distributore non è figura poi dissimile da quella del produttore. Quindi il quesito finale è: conviene combattere per i propri ideali o seguire la lastricata via del denaro facile? Lui la risposta la conosce…

Abbiamo intervistato Louis Nero in occasione dell’uscita del film sulle principali piattaforme:

Louis, da quando è uscito nelle sale cinematografiche il film “La rabbia” sono passati dodici anni, il lungometraggio ti corrisponde ancora intimamente?

“Per fare cinema bisogna fare le rapine, la situazione non è cambiata molto in questo ultimo decennio, se vogliamo parlare del cinema come arte, anzi vedendo com’è andato il cinema in Italia in questi ultimi anni sono stato più ottimista di quello che ancora non prevedevo. La cultura cinematografica italiana, purtroppo, è rimasta a trent’anni fa, forse è per quello che spesso ho lavorato con attori americani o francesi”.

Ne “La Rabbia” sei regista, sceneggiatore e produttore, il film è tutto tuo e, anche se è uno dei tuoi primi film, hai scelto un cast molto importante, com’è stato lavorare con una troupe così?

“Mi sono trovato bene con tutti. Con Lou Castel siamo diventati amici, con gli altri abbiamo mantenuto dei buoni rapporti. La stessa Faye Dunaway all’inizio mi inquietava, poi in realtà è stata molto più disponibile di attori di fama minore. Mi disse subito -sei tu il regista dimmi quello che devo fare ed io lo faccio- al contrario di attori minori molto più capricciosi. Anche le sue critiche, alla fine del lavoro, sono state costruttive e ho avuto una grande soddisfazione quando mi ha detto -hai fatto un bel lavoro-. Sul set è sempre una guerra, non uno contro l’altro, mai ci vuole sempre una certa fermezza da parte del regista.

Faye Dunaway
Il grande attore lo capisce, e a posteriori lo apprezza, quando lo forzi un po’ nelle scene.

Racconto spesso un aneddoto con Philippe Leroy, quando gli chiesi in una scena di stare sdraiato a terra per un bel po’ mentre lui aveva un gran dolore all’anca, alla fine mi ha insultato per un’ora e mezza!”

Hai nuovi progetti all’orizzonte che si sono bloccati a causa della pandemia?

“In questo momento ho due progetti che sono in fase di scrittura. Il mio è un cinema artigianale, mi piace stare sul set, mi diverto, quindi credo che verranno realizzati il prossimo anno perché ora non è possibile. La mia vita di adesso è identica a quella di prima, lavoro sempre molto da casa, anzi adesso c’è più calma. L’artista è abituato a stare con sé stesso” .

L’inizio del film è un quadro di René Magritte, vuoi spiegarcelo meglio?

“Tutto il film è un omaggio a Magritte. La sua è la potenza dell’avanguardia che aveva sull’arte, la capacità di portare l’aspetto del sogno nella sua arte. Durante tutto il film ci sono oggetti che ricordano i suoi quadri”.

Qual è il messaggio che vuole dare nel film?

“Principalmente un sentimento, la rabbia, che può essere convogliata in due direzioni, ha due possibilità: portare alla distruzione oppure può essere uno stimolo alla creatività. Il non abbandonare mai la guerra ma anzi armarsi e partire. Finalmente dopo dodici anni mi rendo conto che solo adesso riesco a fare quello faccio.

Ai giovani voglio dire di avere perseveranza e continuare ad andare avanti sul percorso che si vogliono creare. Quando portai a Venezia Pianosequenza ebbi una marea di critiche, mi dicevano che era un film inutile mentre appena qualche anno dopo si studiava Pianosequenza nelle Università. È stato un film difficile e articolato per essere girato nel 2005 con quella tecnologia. Dura 2 ore e dieci in un’unica pianosequenza tecnica che in precedenza era stata usata  unicamente da Hitchcock solo che lui girava 7 piani da 11 minuti.

La parte interessante del film è che è stato girato al centro di una città, in un’unica volta, con gli attori che vivevano nel personaggio già da sette mesi, erano diventati i personaggi.

Ho preso nel cast  giovani bravissimi usciti dalla scuola attori ragazzi del Teatro Stabile di Torino. Abbiamo girato solo due volte, la prima volta si è rotta la telecamera. Questo è il cinema in cui c’è partecipazione, arte, artigianato e divertimento”.

La musica e la fotografia sono due punti chiave della sua arte ne “La Rabbia” la colonna sonora è di Bacalov, fu creata appositamente per il film?

“Sì, gli proposi la sceneggiatura e come Fellini mi disse – come la vedi la musica?-  quando andai a casa sua lui iniziò a suonare ed il primo istinto fu quello giusto, era già la musica definita che fu solo sistemata. Bacalov  capiva subito cosa c’era nella testa del regista, anche il resto della musica di Theo Teardo è parte integrante del film”.

Cos’è l’arte cinematografica per te?

“L’arte non è intrattenere il pubblico ma è per conoscere sé stessi. Se hai scoperto te stesso solo allora puoi fare arte. Anche attraverso la regia si può entrare nel personaggio soprattutto se c’è un rapporto stretto tra scrittura e regia. E, quando sei sul set e si crea la magia giusta la condividi, la regia è un’arte collettiva dove tutte le professionalità sono importanti, dalla fotografia alla scenografia, la musica, i truccatori, i costumisti anche  il lavoro del mix che sembra molto tecnico in realtà è un’arte”.