C’è sempre una prima volta, verrebbe da dire. Invece è addirittura la seconda, e come se non bastasse oltre al danno anche la beffa.
E sì perché il precedente riguarda i mondiali del 1958, e sapete dove furono disputati? In Svezia. Allora perdemmo la gara decisiva contro l’Irlanda del Nord a Belfast.
La Svezia è diventata un incubo per noi, a nulla è valsa la promessa di restituire tutte le matite sgraffignate all’Ikea, gli svedesi sono scesi in campo con il solo intento di difendersi e non subire quel gol che avrebbe reso vano il loro vantaggio di misura.
È tutta un’altra partita rispetto alla gara di venerdì disputata in Svezia.
L’Italia si desta finalmente, dopo una serie di prestazioni scialbe e deprimenti che hanno caratterizzato e compromesso tutto il suo cammino nel girone di qualificazione, e mette in mostra un gioco finalmente degno del suo blasone e del suo nome. Per tutto il primo tempo si è assistito all’attacco tambureggiante dell’Italia e alla strenua difesa della Svezia, quasi costantemente schiacciata nella propria area. Le incursioni di Candreva sulla destra e di Darmian sulla sinistra sono state un’autentica spina nel fianco della retroguardia svedese. È mancata però la precisione negli ultimi passaggi, che raramente hanno innescato gli attaccanti azzurri, tranne Immobile in un paio di occasioni, una salvata quasi sulla linea, e Candreva che ha sparato alto da posizione favorevole.
Nel secondo tempo il copione non cambia.
L’Italia si riversa costantemente nella metà campo avversaria. I mondiali si stanno allontanando, cercando di trovare la via della conclusione a rete attraverso continui cambi di campo che dovrebbero sfociare in una manovra avvolgente atta a disorientare gli svedesi.
Mancano però, o sono troppo poche, le verticalizzazioni improvvise, quelle che si stanno rivelando le armi migliori di alcune squadre della Serie A.
Si cerca quasi esclusivamente di servire gli attaccanti con cross dalla trequarti o dal fondo, che sono presi puntualmente dai giganti della difesa avversaria, invece di provare ad entrare con triangolazioni strette dal limite, sfruttando magari il maggior tasso tecnico degli azzurri.
Ventura tenta il tutto per tutto e manda in campo Belotti al posto di Gabbiadini. El Shaarawy al posto di Darmian, ed infine Bernardeschi al posto di Candreva. Tutti attaccanti di caratteristiche diverse, in modo da poter avere il maggior numero di possibilità. Ma le cose non cambiano. Tutti finiscono per sbattere contro il muro difensivo della Svezia, la quale comincia a fare il classico gioco di ostruzione e perdita di tempo.
L’Italia ci prova fino al fischio finale, gettando il cuore oltre l’ostacolo, ma a volte il destino è beffardo e non concede neanche quel pizzico di fortuna che da sempre accompagna le grandi imprese.
Si finisce a reti inviolate, con l’amaro calice bevuto fino in fondo dai tifosi e con la prospettiva di vedere da sportivi neutrali i prossimi mondiali.
Oppure di non guardarli affatto, ripiegando la prossima estate su avvincenti tornei di beach volley e calcio balilla nelle varie spiagge, con buona pace di tutto l’indotto sia economico, sia emotivo, che da sempre ha accompagnato un mondiale di calcio.
Valter Laurenti