Il 19 gennaio 2023 e, in replica il 20 e 21, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia diretta dal Maestro Antonio Pappano ha accolto sul palco della Sala Santa Cecilia il pianista islandese Víkingur Ólafsson in sostituzione di Martha Argerich che per motivi di salute non ha potuto esibirsi nel concerto programmato “I colori del Novecento”
Pur avendo la possibilità di poter essere rimborsati, il pubblico amante dei concerti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha riempito l’immensa Sala Santa Cecilia all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone dalla capienza di quasi 3.000 posti.
Incuriositi di poter ascoltare il pianista islandese che vanta oltre 400 milioni di contatti da remoto, famoso per la scelta dei suoi programmi e che ha riscosso successo dall’esibizione durante il lockdown nella sala da concerto vuota di Reykjavik.
Comunicatore e non solo attraverso la musica e le note Víkingur Ólafsson dialoga con il pubblico prima e dopo il concerto e ne riceve calorosi applausi in occasione del primo bis, una dedica all’Italia con la Sonata n.55 di Cimarosa.
Ólafsson è “costretto” poi a tornare sul palco con un secondo bis (J.S. Bach, Organò Sonata n. 4, 2° movimento trascrizione August Stradal) per accontentare il pubblico romano entusiasta dell’esibizione del Concerto in sol per pianoforte e orchestra di Maurice Ravel.
La composizione di Ravel è meravigliosa, inizia con il celebre colpo di frusta (che poi tornerà nel terzo movimento) che, come uno scossone, annuncia l’inizio del Divertissement, è il titolo che lo stesso Maurice aveva all’inizio pensato per il Concerto.
Parigino, Ravel era appena tornato dagli Stati Uniti dove ne aveva assaporato il dinamismo delle città e, anche se veniva da una città certo non piccola, ne rimase affascinato. Ravel è tra i primi a rendersi conto che il jazz non è un fenomeno passeggero.
Il suo Concerto in sol è una policromia in cui si ritrovano tutti i colori tutti insieme, è uno dei concerti più felici del ‘900.
Ravel è stato preceduto dalla Sinfonia n.1 in re maggiore di Sergej Proko’ev dallo stille classico di cui ne rispetta esattamente tutti i canoni nei quindici minuti di esecuzione. La Sinfonia debutta a San Pietroburgo in un periodo “caldo” difficile in cui forse il compositore ha bisogno di tornare all’ordine. Nata in un momento di isolamento di Proko’ev in cui allietava le sue giornate con la lettura di Kant e componeva senza pianoforte.
Nell’ultima esecuzione in programma ne “I colori del Novecento” il protagonista è Jean Sibelius con la Sinfonia n.5 in mi bemolle maggiore op.82.
Il Maestro Pappano chiede al suo pubblico di non ascoltarla solo tecnicamente, ma di sentirla con il cuore.
La sinfonia ha qualcosa di misterioso. Vi è la percezione del silenzio. Finisce con una misteriosa sospensione in sei accodi in cui vi è un’attesa tra uno e l’altro che viene interpretata magistralmente dal direttore Pappano e dall’Orchestra.
Sinfonia ispirata dall’osservazione del volo di uno storno di cigni dove poi si percepisce, il vento, gli animali, la natura di un bosco che abbraccia gli esecutori in una vibrazione in accordo con gli strumenti.
Il concerto del 20 gennaio è stato introdotto da una guida all’ascolto il “Preludio un invito al concerto” con Sandro Cappelletto.