Claudio Gregori, in arte Greg, poliedrico personaggio della TV e del cinema, fumettista, cantante, chitarrista, appassionato soprattutto di rock’n’roll e di doo wop. Oltre a fare coppia da tanti anni con Pasquale Petrolo, in arte Lillo, suona e canta con diversi gruppi nei locali della capitale e non solo.
Con la sua band i Frigidaires quest’estate è approdato in svariate località italiane, dal Summer Jamboree, festival di musica anni’50 che si svolge a Senigallia, ai concerti in varie città della Sardegna, passando infine per la Puglia.
Due settimane fa, rientrato dalle tappe estive nella capitale, si è esibito in un concerto a Villa Ada in occasione della manifestazione “Villa Ada incontra il mondo”.
Lo abbiamo incontrato dopo l’esibizione del gruppo, per sottoporgli alcune domande, nello specifico sul genere musicale doo wop che viene proposto nei concerti dei “Greg & The Frigidaires”.
A quale tra le due tipologie di doo wop, quella afroamericana e quella italoamericana, si avvicina di più lo stile dei Frigidaires?
“Il nostro repertorio, al di là dei brani originali, comprende sia cover di matrice afroamericana (dai Silhouettes ai Flamingos, dai Monotones ai Coasters), sia di matrice italoamericana (da Dion & the Belmonts a Vito Picone & the Elegants, dai Young Rascals ai Mystics). Ovviamente, essendo noi bianchi ed italiani, abbiamo nel nostro canto un naturale modo di condurre la melodia che ci avvicina molto alla seconda scuola.
Noi, da italiani, non ci facciamo caso, ma il nostro cosiddetto “bel canto” sprizza fuori da ogni nota, seppur intrisa di Rock. Il successo di molti italoamericani è dovuto proprio a questo modo molto melodico di portare lo Swing. È stato così anche per famosi crooner come Sinatra o Dean Martin. Era una caratteristica molto riconoscibile, un marchio di fabbrica di qualità e c’era addirittura un gruppo di bianchi canadesi, i Diamonds, che si divertiva ad imitare gli abbellimenti italoamericani”.
Conosciamo Greg come leader, per tanti anni, di un altro gruppo storico sul panorama romano, i Blues Willies, cosa i Frigidaire hanno ereditato da questa band, oltre a Greg stesso ovviamente?
“Beh, senz’altro hanno ereditato anche Luca Majnardi, storico trombettista e cantante della vecchia band! E poi hanno ereditato la carica, l’energia, lo sprint, la verve, l’ironia di alcuni brani. In realtà ogni brano ha una sua presentazione ironica e all’interno di ogni canzone c’è una gag o una situazione divertente nel modo di suonare. Questo universo faceva parte dei Blues Willies e adesso fa parte dei Frigidaires. Non poteva che essere così, perché il nostro è uno spettacolo in cui noi ci dobbiamo divertire per primi e di conseguenza anche il pubblico”.
La scelta dei questo genere musicale nel repertorio del gruppo è un modo per contrapporsi, nel panorama musicale italiano, a qualche altro tipo di musica, o è solamente puro divertimento, un modo per dare un po’ di leggerezza di fronte magari a un mondo musicale a volte pesante in Italia?
“La musica italiana è spesso tristanzuola; ha tematiche tristi e armonie tristi, poca solarità e anche poca ribellione. Negli anni ’80 c’era un gruppo americano, i Big Daddy, misconosciuto in Italia, che si divertiva a prendere le hit più in voga del periodo e ad arrangiarle in stile anni ’50. E ci riusciva molto bene! Io ho provato a fare la stessa cosa con i brani italiani, ma ho incontrato davvero mille difficoltà, perché quasi sempre mi ritrovavo con melodie in minore. Tutto aveva una connotazione troppo triste per essere trasformato con l’energia del Rock’n’Roll.
In realtà, quello che cerchiamo di fare noi, con i nostri brani, è di riproporre non una fotocopia di una band Doo Wop o Rock’n’Roll degli anni ’50, perché non potremmo fare meglio di loro; noi cerchiamo di rendere questa musica viva ed attuale. Quando ci ascolti su disco o in un concerto, ti accorgi immediatamente che non siamo un gruppo dell’epoca. Io vengo dal Rock’n’Roll più puro e dal Jazz delle origini, altri dal jazz moderno, chi addirittura dal jazz d’avanguardia, chi dal Rock, chi più dal Blues. E l’alchimia funziona alla grande!
In più non possiamo sottrarci al fatto che, magari, durante il giorno ci possa capitare di ascoltare brani hip hop, brani alla Sanremo, brani pop tipo Ligabue, Alessandra Amoroso, Vasco Rossi o Emma Marrone. Qualche melodia ti rimane in testa e tu la metti in mezzo alle canzoni, senza farlo apposta, come succedeva all’epoca. È quello che si dice contaminazione ed è ciò che rende viva una musica. E poi c’è anche una sperimentazione più voluta; se ad esempio, scrivendo un brano, ci vengono in mente accordi che all’epoca erano tabù, beh, ancora, noi ce li mettiamo!”
Raffaella Battiston
Photo: Massimiliano Petricca