Ad aprire le tre serate del 14, 15 e 16 dicembre del Concerto per violino di Khačaturjan è Santtu-Matias Rouvali a dirigere l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, con lui sul palco il violinista franco-serbo Nemanja Radulović e, nella seconda parte della serata, con la Quarta Sinfonia di Čajkovskij il direttore ha concluso il concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma
Un’emozione unica per Nemanja Radulović che ha debuttato a Santa Cecilia con il Concerto per violino e orchestra in Re minore op.46 di Khačaturjan eseguendo i tre movimenti in piena armonia con l’Orchestra alternati a splendidi assolo. Poi ancora richiamato dall’attento direttore Santtu-Matias Rouvali in un duo sincrono che prende corpo dal primo movimento al secondo in concomitanza con gli archi trionfanti per assumere sapori sempre più orientali nell’Andante sostenuto e concludersi con l’Allegro vivace dall’inizio chiassoso e quasi tuonante.
Il violino di Radulović dialoga continuamente con l’Orchestra. Alterna movimenti in un crescendo sempre più intenso di velocità e ritmo unito ai tocchi degli archi che lo sostengono fino alle ultime note. L’armeno Aram Khačaturjan porta nella sua composizione i sapori delle sue origini, appassionando il pubblico di Santa Cecilia con un’alta percentuale di giovani.
Radulović volteggia sul palco in piedi con il suo violino e i lunghissimi capelli corvini regalando emozioni contrastanti tra dolcissime esecuzioni del violino e fragorosi inserimenti dell’orchestra in un alternarsi di dualismo continuo (Allegro vivace).
Al termine dell’esecuzione un bis acclamato e Nemanja esegue un unico assolo bosniaco “Perché non sei più qui” delicato e dolce quasi silenziosissimo.
La Sinfonia n.4 in Fa minore op.36 di Čajkovskij inizia con l’Andante sostenuto, seguito dal Moderato con anima in un crescendo unico dal timbro sempre più potente che racchiude nel tema alternati tratti di disperazione e calma inquietante dove sembra trovare quel desiderio “di felicità” ricercato da Čajkovskij dopo il turbinio della sua vita dalla fine delle brevissime nozze al rapporto gratificante ma unicamente epistolare con Nadezda von Meck.
Il valzer accennato nel primo movimento è “turbato” dal crescendo dell’Orchestra. Si conclude quasi fosse la fine della composizione per poi attaccare dolcemente con l’Andantino in cui si percepisce forte la solitudine dolce e ammaliante o disperata in cui però la tonalità è speranzosa e infine accarezza il pubblico come un soffio di speranza che si realizza con lo Scherzo.
Rouvali è delicato nel dirigere, ogni gesto, è preciso, soave, esile e potente ha un’attenzione particolare per ogni componente dell’Orchestra guardandoli uno ad uno dirige ogni singolo strumento. Piacevolissimo il pizzicato delle corde degli archi che all’unisono come un unico strumento accolgono incursioni soliste del liuto della chitarra dei legni e degli ottoni.
Si conclude la Sinfonia con l’Allegro in contrasto eccessivo di vitalità dai movimenti precedenti che prende il significato del destino tuonante. Nel finale il direttore Rouvali chiude con un inciso direzionale della bacchetta sul primo violino mentre l’Orchestra trionfa. Applausi tuonanti nella sala Santa Cecilia.