Proseguono gli incontri con i registi prima dei film sul palco del CineVillage Parco Talenti. Questa settimana Gianluca Jodice presenta il suo primo lungometraggio “Il cattivo poeta” un viaggio negli ultimi anni di Gabriele d’Annunzio il poeta e politico carismatico italiano alle soglie della Seconda Guerra Mondiale
Il titolo del film trae ispirazione da una frase scritta dal poeta in una lettera destinata ad un’amica. Ormai vecchio e malato negli ultimi anni della sua vita, d’Annunzio si era dedicato poco alla scrittura e molto al Vittoriale.
“Io sono ormai un grande arredatore d’interni ma un cattivo poeta”.
Il Vittoriale è ancor oggi rimasto come quel 1° marzo del ’38 il giorno in cui morì d’Annunzio. È tutto come quella notte, il libro con il segnalibro sul comodino, il letto, gli occhiali, i numerosi oggetti che caoticamente arredavano le stanze.
Il lavoro del regista è stato meticoloso e fedele, le riprese sono state fatte proprio all’interno del Vittoriale. Questo grazie alla concessione del Presidente Giordano Bruno Guerri che ha permesso alla troupe di lavorare chiudendo il museo per il periodo necessario alla conclusione del film.
Nella serata del 29 luglio al CineVillage Parco Talenti Gianluca Jodice presenta il suo primo lungometraggio che ha ottenuto cinque candidature ai Nastri d’Argento e rimanda il dialogo con il pubblico a dopo la visione del film.
La scelta è stata molto apprezzata, le domande molto più vivaci e pertinenti, l’interesse più coinvolgente.
“La storia che racconto è vera. Ho letto il memoriale del federale bresciano Giovanni Comini che a 29 anni ha avuto questa missione da Achille Starace e Benito Mussolini”.
Ricordiamo che entrambi lo chiamarono per andare a spiare d’Annunzio che era contrario all’alleanza di Mussolini con Hitler ma che aveva ancora un’importanza rilevante nell’opinione pubblica italiana. Il giovane fascista ed il vecchio poeta in realtà diventarono amici mettendo anche in crisi la fede politica del ragazzo. “Anche nei dialoghi sono rimasto fedele, li ho presi dalle lettere e dai discorsi pubblici di d’Annunzio”.
I capi che mandano il giovane Giovanni Comini (Francesco Patané), intellettuale plurilaureato, per controllare il vecchio pazzo, il poeta, l’eroe della Prima Guerra Mondiale, ricorda una struttura che era già stata scritta, il “Dracula” di Bram Stoker con il giovane Jonathan Harker che andava nel castello del vecchio vampiro.
Così il vecchio poeta (nel film interpretato da Sergio Castellitto) che non usciva da anni dal Vittoriale e viveva nell’eterna penombra per il pudore di farsi vedere negli incontri dalle sue amanti, assume un profilo diverso. Lui con i denti rovinati dalla cocaina, dalle sfumature di una figura un po’ vampiresca.
Invece di essere una spia, il giovane fascista, rimane affascinato da d’Annunzio e mette in discussione tutto, perdendo alla fine il vecchio amico, la carriera, la fede nel regime, la politica, la donna.
Con questo parallelo il regista ha voluto rappresentare la parabola di ciò che accadde al paese, il crepuscolo e la caduta dell’Italia.
D’Annunzio che ha vissuto mille vite. Don Giovanni, poeta, drammaturgo, tra le boulevard di Parigi. Colui che ha fondato Fiume, la prima città governata da un poeta con una propria costituzione moderna.
Il regista si trova davanti al dover scegliere quale parte della vita di d’Annunzio rappresentare. Tutte le sfaccettature di un uomo così carismatico sarebbe stato un progetto fallimentare. Così Jodice si è concentrato su “Una finestra temporale che racconta anche l’Italia di quel periodo, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale”.
Ne scaturisce un d’Annunzio inedito, non forzato, che non è mai stato fascista ma amico e stimatore del Duce da cui poi prese molto le distanze essendo contrarissimo all’unione con Hitler.
Infatti “Sei andato a Berlino a scavarti la fossa con le tue stesse mani” è quello che il poeta disse all’orecchio di Mussolini quando scese dal treno a Verona.
La fotografia del film è di Daniele Ciprì che divide le due parti “politiche” cromaticamente. Nel Vittoriale evidenza i colori rossi e verdi dallo stile Barocco, mentre per Palazzo Venezia utilizza il bianco nero con un’arredamento molto più spoglio in stile fascista.
Un film riuscito, che potrà sembrare a tratti un po’ lento, ma che in realtà evidenzia alla perfezione, lo stato d’animo un po’ depresso degli ultimi tempi del poeta.
Jodice, dopo il successo del primo lungometraggio, si dedicherà ad un nuovo film dai toni completamente diversi, in francese e ambientato a Parigi che attendiamo con piacere.
Gli incontri con il CineVillage invece continuano con un ospite attesissimo. Il 4 agosto alle 20.30 Carlo Verdone presenterà il libro “La carezza della memoria”.