A dicembre 2021 si concluderà il biennio iniziato a gennaio 2019 del progetto “Change We Care” finanziato dal Programma Europeo INTERREG Italia- Croazia volto a trovare soluzioni per preservare le aree costiere dell’ Adriatico di Italia e Croazia. Nella conferenza conclusiva tenutasi lo scorso 11 novembre a Venezia presso il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e l’ISMAR (Istituto di Scienze Marine) sono stati presentati gli sviluppi dei lavori
I progetti innovativi si sono centrati sulle problematiche dovute al cambiamento climatico e all’impatto che esso ha sia sui fiumi che sulle coste già soggette alla naturale erosione; essi mirano a mantenere la biodiversità della fauna e della flora preservando anche il turismo e l’aspetto economico-sociale degli abitanti delle zone litoranee adriatiche.
Gli interventi sono stati numerosi e soprattutto ricchi di spunti su cui poter lavorare ed espandere le soluzioni ad altri paesi e ad altre coste europee.
Sono cinque i siti pilota identificati per gli studi: il Delta del Po, il Banco della Mula di Muggia, la Baia di Kastela e il fiume Jadro, il Delta della Neretva e il Lago di Vran.
I siti pilota, pur diversi per caratteristiche morfologiche, sono tutti ugualmente minacciati da problematiche climatiche simili.
Sandro Carniel (NATO STO CMRE) ha aperto la giornata parlando del riscaldamento delle acque degli oceani a causa dell’assorbimento di circa il 90% del calore dell’atmosfera. Una situazione che andrà avanti così ancora per decenni se non vi viene posto rimedio al più presto.
L’ecosistema in cui viviamo viene sostenuto dalla capacità degli oceani di essere salubre, componente importante della catena di approvvigionamento.
Le coste, che sono uno degli ambienti più vitali per gli esseri viventi, in una situazione di cambiamento sommata ai problemi di erosione e inondazioni a cui sono già soggette, saranno sempre più esposte alla perdita di biodiversità.
Senza sottovalutare l’aumento dei livelli del mare, che apre la strada a maggiori inondazioni dovute all’escursione termica. Le acque sono più calde e lo scioglimento dei ghiacciai contribuisce a questo fenomeno d’innalzamento. Più del 50% del cambiamento delle acque è legato allo scioglimento dei ghiacciai ai poli. Inoltre l’aumento dei livelli del mare sta accelerando anno dopo anno.
Carniel porta come esempio la Micronesia e le Isole Salomone che sono già al di sotto del livello del mare di 12mm. Molti degli abitanti stanno andando via, la popolazione è a rischio e alcune zone sono completamente scomparse.
Da non sottovalutare un altro aspetto importante che è quello delle acque reflue e la variazione della salinità che possono influire sulla migrazione delle specie ittiche con conseguente possibile alterazione delle comunità biologiche.
Durante il secondo intervento Toni Domènech Montana (Reserva de la Biosfera de le Terrestra de l’Ebre), ha illustrato le sfide messe in moto nel sud della Catalogna con il suo progetto Life Clinomics che ha riguardato un’estensione di circa 71697 ettari di zone protette in un mosaico di quattro aree con paesaggi ed ecosistemi diversi. Passando dalle zone agricole alla foresta. L’area esaminata copre una grande parte del territorio che comprende anche le culture presenti nei territori agricoli e una notevole la biodiversità.
La temperatura è aumentata e, soprattutto nell’ultimo decennio, continua ad aumentare di circa 1,5 gradi celsius. Il progetto de la Reserva del la Biosfera del la Terrestra dell’Ebre ha tentato di mantenere un equilibrio, tra la pesca, il contributo del fiume, e le precipitazioni del bacino dell’Ebro, che con la diminuzione delle precipitazioni, hanno marcato un aumento del periodo arido. Queste problematiche insieme si riversano sia sui prodotti agricoli sia sull’aumento di specie invasive, specie infestanti e zanzare tigre.
Parlando di perdita di biodiversità, ma non solo, anche dell’ impatto socio-economico, molto importante in Catalogna, la mortalità delle ostriche è una delle conseguenze del cambiamento climatico.
Il progetto Life Clinomics presentato da Montana è volto a sostenere il settore economico per ovviare alla mortalità dei molluschi a causa dell’aumento della temperatura del delta dell’Ebro. Ricordiamo che l’ostricoltura è un aspetto molto importante dal punto di vista economico in Catalogna.
Anche nell’intervento di Paola Marinović si evidenzia il problema delle risorse ittiche questa volta nel delta del Neretva, uno dei 5 siti pilota del progetto “Change We Care” la cui perdita avrebbe una rilevanza importante anche sul turismo.
L’obiettivo del suo progetto è quello di ottenere un ecosistema adattato e adattabile alle persone con un’economia sostenibile resiliente.
Un progetto partecipativo è quello che è stato organizzato per mappare e trecciare le specie dell’area compresa tra la Laguna di Loro e Comacchio. La zona, molto esposta al processo climatico, è anche sottoposta all’erosione dovuta all’assetto morfologico. Il progetto è un primo successo di collaborazione di “Change We Care” e si incentra sul migliorare il dinamismo dell’area all’interno della sacca del Loro.
Questo per la conservazione del territorio oltre al miglioramento della qualità di vita del fratino (Charadrius alexandrinus, Linnaeus 1758) per creare nuove isole per la nidificazione.
Antonio Bratus della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha parlato della problematica del Banco Mula di Muggia. La zona è diventata molto sensibile a causa dell’innalzamento delle acque del mare e dallo scirocco, sempre più marcato e preoccupante.
Anche in questo caso, dopo aver valutato il grado di vulnerabilità dell’area si sta procedendo con una serie di incontri partecipativi finalizzati ad individuare possibili misure di mitigazione degli effetti.
A conclusione dei lavori, una speciale sessione focalizzata sulle prospettive per il futuro sono state evidenziate le nuove possibili rotte da percorrere, in particolare è stato presentato il Joint Action plan, un’iniziativa lanciata lo scorso aprile per migliorare l’efficienza e l’efficacia dei progetti Interreg Italia Croazia impegnati ad affrontare le sfide dei cambiamenti climatici, favorendo sinergie per rispondere bisogni prioritari dei due paesi. Infine una Panel Session, moderata da Engelbert Ruoss (USI Università della Svizzera italiana) a cui hanno partecipato Daria Povh (Priority Actions Programme/Regional Activity Centre (#UNEP_PAPRAC), Split, Croatia) e Lorenzo Merotto (Area Marina Protetta Portofino) ha avuto l’obiettivo di presentare e discutere le sfide e le opportunità future per quanto riguarda l’attuazione dei piani di adattamento per le regioni costiere adriatiche. Ancora una volta è emerso che il clima è legato anche alla sicurezza che non è un aspetto da sottovalutare ed èstata evidenziata la necessità di risposte coordinate anche dal punto di vista politico che è anche uno dei temi affrontati in occasione del COP26 a Glasgow.
Il progetto è stato coordinato dall’Istituto di Scienze Marine (CNR-ISMAR) e realizzato in collaborazione con altri dieci Partner italiani e croati: Regione Emilia Romagna (Italia), Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (Italia), Regione Veneto (Italia), Istituto di Oceanografia e della Pesca (Croazia), l’Istituto Nazionale per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA (Italia), l’Ente Gestore Parchi e Biodiversità-Delta del Po (Italia), l’Istituzione pubblica per il coordinamento e lo sviluppo della contea Spalato-Dalmazia –Rera S.D. (Croazia), l’Ente pubblico per la gestione delle aree naturali protette della contea di Dubrovnik-Neretva (Croazia), l’Ente pubblico Parco naturale del lago di Vransko (Croazia), Facoltà di Geodesia dell’Università di Zagabria (Croazia).