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 “L’Avaro” di Molière: apprezzato Ugo Dighiero al Teatro Quirino

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"L'avaro" di Molière al Teatro Quirino Ph.FedericoPitto
Dal 17 al 22 dicembre un classico amato dal pubblico “L’avaro” di Molière con Ugo Dighiero nel ruolo del protagonista Arpagone. Luigi Saravo alla regia e creatore, insieme a Lorenzo Russo Rainaldi, dell’articolata e moderna scenografia. Con lui in scena Mariangeles Torres, Fabio Barone, Stefano Dilauro, Cristian Giammarini, Paolo Li Volsi, Elisabetta Mazzullo, Rebecca Redaelli

Se c’è un tema che L’Avaro di Molière ha sempre saputo esplorare con crudezza e ironia, è quello del denaro, dell’avidità e delle dinamiche di potere che esso determina. In questa nuova versione curata da Luigi Saravo, il classico della commedia francese si fa veicolo di una riflessione attualissima sulla società del consumo e delle contraddizioni economiche, senza però perdere la freschezza e la vivacità che la pièce originale porta con sé. Saravo riesce a inserire l’opera in un contesto contemporaneo, creando un ibrido tra il passato e il presente che stimola la riflessione e diverte al contempo.

Ph.Federico Pitto

Al centro della scena, come un dio geloso e immobile, c’è Ugo Dighero, che interpreta Arpagone con una performance che miscela perfettamente l’elemento farsesco con la spietatezza dell’avarizia. Già noto per la sua versatilità in contesti comici e drammatici, Dighero si appropria del personaggio con grande energia, unendo la goffaggine tipica dell’avaro con una potenza di caratterizzazione che risuona come un’eco distorta della nostra ossessione per il denaro.

Arpagone non è solo un uomo che teme di perdere la propria ricchezza: è un prigioniero di un sistema che gli ha imposto il valore assoluto della conservazione dei beni materiali, riducendolo a una caricatura del possessore.

La regia di Saravo si inserisce in questo quadro con una proposta visivamente stimolante e stilisticamente ricca di riferimenti temporali e sociali. La scena è un miscuglio di epoche e atmosfere, che spaziano dagli abiti anni Settanta agli smartphone, passando per le immagini di pubblicità che tormentano il protagonista. Questo caos temporale si intreccia con la modernità dei testi di Letizia Russo, che traduce e adatta Molière con un linguaggio che risuona con il nostro presente, senza snaturare la struttura originale del testo. Le musiche di Paolo Silvestri, fresche e dinamiche, contribuiscono a intensificare questa dimensione di sovrapposizione temporale, utilizzando suoni che oscillano tra la classicità e il contemporaneo.

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Il fulcro dell’opera, come dichiarato dal regista, si trova nel conflitto tra due visioni economiche, una consumistica e una conservativa. Arpagone, che rappresenta la seconda, diventa il simbolo di una resistenza (paradossale, seppur ipocrita) all’assalto della società capitalistica e dei suoi meccanismi incessanti di crescita e consumo. In un’epoca in cui il consumismo imperante ci spinge a desiderare sempre di più, la figura di Arpagone diventa quasi una critica sovversiva: il suo immobilismo economico è, in fondo, un atto di resistenza, di sfida alla logica del possesso perpetuo.

In questo contesto, “L’Avaro” non è solo una commedia sulle peripezie di un uomo avido, ma anche un gioco di specchi tra la satira sociale e la riflessione sul nostro rapporto con il denaro. La brillantezza della commedia non è mai messa in secondo piano, ma assume una nuova dimensione, quella di una critica sottile alla nostra stessa condizione.

Il cast è ottimamente calibrato: oltre a Dighero, che indubbiamente è la figura di riferimento, di cui si può godere del coraggioso monologo a petto nudo in scena e con grande effetto recitativo, anche gli altri attori sanno come muoversi all’interno di questa macchina comica.

Ph Federico Pitto

In sintesi, questo “L’Avaro” è un lavoro che unisce la tradizione alla modernità, la comicità alla critica sociale, in un equilibrio che permette allo spettatore di riflettere e sorridere, di ridere e interrogarsi. La regia di Saravo, supportata da una scenografia e da costumi che mescolano l’antico e il contemporaneo, è riuscita nell’intento di rendere Molière più che mai attuale. Non si tratta solo di una riscoperta di un grande classico, ma di una lettura nuova, vivace e pungente della condizione umana, sempre in bilico tra il desiderio di avere e la paura di perdere.