Si è’ tenuto ieri a Palazzo Valentini il congresso sull’accesso vascolare, le raccomandazioni internazionali ed è stato discusso un focus per le linee guida italiane
La scarsità di personale specializzato, la formazione insufficiente e la scarsa conoscenza dei dispositivi sono i principali fattori di rischio.
Questo riguarda, in Italia, decine di milioni di pazienti che ogni anno necessitano di un accesso venoso.
Sia esso per terapie endovenose, chemioterapia oncologica o nutrizione parenterale.
Una situazione migliorabile facendo leva su alcune best practices: in primis un team specializzato dedicato al planning, al posizionamento ed alla gestione dell’accesso venoso. L’obiettivo di ridurre inappropriatezza, diminuire i tempi di intervento e raggiungere standard di qualità elevati.
L’analisi critica delle Raccomandazioni e delle Linee Guida internazionali sugli accessi vascolari, presentata ieri a Palazzo Valentini, nell’ambito di un convegno promosso dall’Osservatorio Sanità e Salute e patrocinato dal Ministero della Salute è rivolta a tutti i sanitari, medici ed infermieri.
L’obiettivo è quello di ridurre il tasso di complicanze. Se mal effettuate infatti, anche semplici procedure per inserire un catetere venoso, possono provocare flebiti, trombosi, infezioni, aritmie, embolie, lesioni nervosa.
La quasi totalità dei pazienti ospedalizzati riceve una qualche forma di accesso vascolare, e i dispositivi che vengono utilizzati per infondere soluzioni, farmaci o prelevare campioni ematici, comprendono i cateteri venosi periferici (PIV), i cateteri venosi centrali (CVC) e i cateteri arteriosi.
Per la maggior parte vengono impiantati cateteri venosi periferici (PIV).
Solo di questi ultimi, si stima che ogni anno in Italia ne vengano utilizzati circa 33 milioni (iData research anno 2016). L’attenta analisi delle più recenti Linee Guida sull’Accesso Vascolare, fornisce raccomandazioni di comportamento clinico.
Un gruppo interdisciplinare di esperti italiani, coordinati dal professore Roberto Verna, membro dell’Osservatorio Sanità e Salute, professore presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università La Sapienza di Roma, ha analizzato le Linee guida Internazionali.
Calandole nelle peculiarità della pratica clinica italiana e declinandole in base alla tipologia di paziente (neonato, obeso, anziano, dializzato). L’obiettivo è di massimizzare i risultati e le risorse dell’assistenza sanitaria.
Ma anche omogeneizzare la prassi clinica in presenza di situazioni analoghe e contrastare l’utilizzo di procedure di scarsa efficacia.
In Italia, sottolinea il documento, “si registra un ricorso agli accessi venosi centrali minore rispetto a quanto sarebbe auspicabile per il bene dei pazienti e del Sistema Sanitario”.
La conseguenza di un più rapido impoverimento del patrimonio venoso periferico.
Tra i punti emersi dal sistematico lavoro di revisione della letteratura scientifica, si sottolinea che è raccomandata la costituzione di un “Access Team”, composto da medici e infermieri specializzati, dedicato al posizionamento e alla gestione degli accessi vascolari.
Ma anche incaricato anche della raccolta dei dati, della standardizzazione di pratiche basate sull’evidenza. Alla valutazione dei nuovi prodotti in uso e delle attività formative del personale sanitario. Tutto ciò migliora la qualità e l’appropriatezza delle procedure e riduce il tasso di complicanze.
“Evidenze dimostrano – chiarisce Roberto Verna, – come la presenza di un Access team permetta di raggiungere un elevato tasso di successo nel posizionamento dell’accesso venoso e un minore tasso di complicanze, come infezioni sistemiche catetere-correlate, occlusioni, rimozioni accidentali o flebiti, con riduzione dei costi sanitari. In generale migliora l’organizzazione della struttura in termini di sicurezza, garantendo elevati standard di qualità per il paziente”. Tuttavia, “nel panorama italiano troviamo – sottolinea – realtà molto diverse. Ci sono centri che effettuano un numero ridotto di impianti senza la presenza di un team vascolare dedicato; centri che effettuano comunque un numero elevato di impianti, pur non avendo un team dedicato; e infine centri all’avanguardia che effettuano un elevato numero di impianti e presentano un team multidisciplinare dedicato”.
“L’Osservatorio Sanità e Salute – spiega il presidente sen. Cesare Cursi – in ottemperanza alle nuove disposizioni emanate dalla legge Gelli sulla responsabilità professionale del personale sanitario, ha voluto analizzare le Linee Guida Internazionali per evidenziare l’appropriatezza dell’uso di dispositivi medici nell’ambito specifico dell’accesso vascolare. Tale attività è stata sviluppata da primarie eccellenze del settore medico vascolare, e l’incontro di oggi è occasione per presentare il lavoro svolto alla comunità scientifica, istituzionale e politica, affinché possa essere considerato un valido ausilio per la stesura di Linee Guida Italiane che saranno definitivamente adottate dal Ministero della Salute”.