Dopo meno di un anno il regista Matteo Tarasco torna al Teatro Quirino con un classico difficile, “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas fils
Difficile perché soggetto a numerose interpretazioni scontate, difficile perché è lo spunto della Traviata e siamo abituati ad una messa in scena tradizionale. Ma lo stile tipico di Tarasco che abbiamo assaporato alcuni mesi fa con le tre serate dedicate all’Iliade, Odissea e Eneide, dove dette voce non agli Eroi ma alle donne che ne vivevano le gesta, si ritrova anche qui, con protagoniste mai scontate o banali.
I suoi spettacoli hanno sempre un intensità onirica, La signora delle camelie sussurra, le luci sono poche e soffuse, il fondo è scuro. Siamo osservatori di una vita e di pensieri unici e profondi.
Margherita Gautier (Marianella Bargilli) è la cortigiana più bella di Parigi, numerosi sono gli amanti e benefattori che le permettono una vita fatta di lusso e gioielli, ma l’amore di Armando (Ruben Rigillo) sconvolge la sua vita delineata e perfetta.
Margherita si scopre sola, l’amore la rende vulnerabile, le resta poco tempo da vivere, è malata di tubercolosi, tossisce e sputa sangue. Si lascia andare a l’unico amore che potrà concedersi nella sua vita, a cui tuttavia dovrà rinunciare in balìa del destino delle Parche.
La Bargilli è sensuale, nuda nei sentimenti quando è vestita e rinchiusa nel suo dolore quando è sdraiata sulla chaise longue avvolta solo dalla pelliccia.
Prudence le è complice e consigliera, condivide con lei il lusso e poi la povertà, cinica con tratti maschili, meravigliosamente interpretata da Silvia Siravo, suona la fisarmonica mentre aspetta la fine. Armando è impetuoso, giovane e possiede la passione che solo a quell’età si può avere, a cui tutto è permesso. Trasportato d’amore per la cortigiana, è pronto ad amarla teneramente andando anche contro il padre (Carlo Greco) saggio e anziano.
Abbiamo intervistato Matteo Tarasco, il regista, che ci ha affinato ancora di più la percezione che avevamo della pièce.
Il femminile ha sempre un ruolo rilevante nelle sue opere, viene sempre posto in primo piano, cosa trova nelle donne?
“Credo che le donne siano in vantaggio, gli uomini osservandole possono solo migliorare. Margherita, sussurra, non è necessario conclamare i sentimenti, le parole più belle che anche noi abbiamo udito probabilmente ci sono state dette con un sussurro. Soprattutto oggi, in una società in cui tutti proclamano il proprio Io a voce alta, dare spazio ad un teatro sussurrato e a luce soffusa è quasi un rito selettivo che porta a scegliersi tra esseri umani che si somiglino. Margherita pneuma fiato e anima, vive fino all’ultimo respiro, muore di tisi e vive il suo amore fino alla fine”.
Il maschile nella pièce è piuttosto ingenuo, quale immagine voleva dare?
“Si tratta di un maschile in evoluzione. Armando arriva in città fanciullo e imberbe, si butta in questo amore inconsciamente, al contrario di lei che invece si dà sapendo di avere ancora poco tempo da vivere, per lei è un regalo. In un certo senso è una rivoluzionaria sentimentale. Va contro a tutta la società per viversi questo amore, dà un messaggio sempre attuale: non perdere mai la speranza, pur essendo un’opera di fine ‘800. Questo è il potere di grandi classici”
Nelle sue opere da sempre spazio ad altri artisti, in questo caso sia per le musiche che per i costumi
“Le musiche sono di Mario Incudine un polistrumentista unico. Un vero artista che è riuscito in pochissimo tempo a creare le melodie per la pièce senza però offuscare i protagonisti. Lo spettacolo prendeva vita nella sua mente ancora prima di essere messo in scena. Mario considera l’attore nella sua integrità, ascoltando la sua musica si riesce a visualizzare le note. Per i costumi mi sono affidato a dei giovani talenti dell’Accademia Costume & moda, una nuova generazione di professionisti, bravi e capaci di realizzare dei costumi sofisticati e curati sotto la direzione di Andrea Viotti“.
Matteo è un poeta visivo, trasmette attraverso le sue opere i sentimenti puri, senza tragicità o disperazione, ma nella più intima purezza. Coinvolge il pubblico a tal punto che durante la rappresentazione una coppia, non giovane, in platea, si scambiava baci e carezze, trasportati dall’armonia contagiosa dell’amore sul palco. Forse è anche questo il significato del teatro unire la polis e condividere i sentimenti.
“La signora delle camelie” sarà in scena al Teatro Quirino fino all’11 marzo 2018.
Costumi realizzati dall’Accademia Costume & Moda di Alessia Carraturo, Pamela Lisi, Elena Pellegrini, Bodgan Pulbere, Manuela Randis, Marialidia Storace, realizzati nella Sartoria Farani.
Aiuto regia Marta Selvaggio, luci Luigi Ascione.
Photo: Tommaso Le Pera
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