Dal 24 al 27 settembre a Trento il Festival dell’Economia, giunto alla sua quindicesima edizione, viene presentato quest’anno virtualmente ma il programma è sempre più interessante e tra gli ospiti più amati dal pubblico c’è Stefano Mancuso
Il botanico ci ha parlato di un argomento da cui potremmo trarre spunto soprattuto in questo periodo: “La nazione delle piante e l’arte della convivenza” presentato da Giuseppe Laterza.
Non poteva iniziare il suo talk con un paragone migliore dopo i mesi trascorsi in lockdown “durante i tre mesi di confinamento siamo stati trasformati in piante, perché la differenza tra gli animali e le piante è che le seconde non si possono spostare dal luogo dove sono nati”.
E cosa accade con questa sessilità prolungata a cui non siamo abituati?
Prima di tutto abbiamo avuto una maggiore attenzione all’ambiente che ci circonda. Abbiamo tutti notato cosa migliorare nelle nostre case, che negli ultimi anni abbiamo frequentato di passaggio e mai vissuto. Poi siamo stati attenti all’utilizzo delle nostre risorse infatti come sostiene Mancuso “c’è stata una riduzione molto forte dello spreco alimentare che in Italia è in media del 60% e durante il lockdown si è dimezzato”.
Al terzo punto è stata la necessità di convivere. Rimanendo bloccati in un ambiente particolare chi ti sta intorno diventa molto più importante nel bene e nel male.
Gli animali e quindi anche noi, ci spostiamo per allontanarci dal problema il confinamento, invece, ci ha portato a risolvere i problemi.
Partendo dalle differenze tra noi e le piante Mancuso ci porta a riflettere su un approccio più sociale, le piante sono strutturate in modo diverso da noi, fisicamente non hanno testa, occhi e orecchie, la pianta ha diffuso sull’intero corpo quello che per gli animali è diviso in organi.
Questo è un vantaggio in caso di predazione, le piante sono fatte per essere predate e non morire.
“Noi animali” continua il professore “riproponiamo un’organizzazione piramidale, anche nella società: un cervello che organizza tutto il resto, c’è il capo che non si chiama a caso così, e poi ci sono gli organi che eseguono gli ordini. Queso ha dei vantaggi in termini di velocità, il capo decide e gli altri eseguono, ma è un’organizzazione molto fragile come il nostro corpo”.
Darwin diceva che l’evoluzione premia il più adatto non il più intelligente il più forte il più furbo e qui Mancuso si collega anche all’economia.
“Se noi pensiamo di essere i miglior perché facciamo cose che nessun altro animale fa, pensiamo e con il cervello facciamo cose incredibili è sbagliato. Siamo una specie molto giovane circa 300.000 anni mentre una specie vive in media 5milioni di anni a noi mancherebbero ancora 4.700.000 anni. Se dopo quel tempo saremo ancora qui vuol dire che il nostro cervello era indifferente se supereremo quel tempo vuol dire che il cervello era un vantaggio evolutivo ma se ci estinguiamo prima dimostreremmo che il cervello era uno svantaggio evolutivo”
“L’uomo ha questo atteggiamento predatorio verso l’ambiente ed è unico perché non esiste un’altra specie che rovina l’ambiente da cui dipende la sua sopravvivenza”.
Conclude dicendo che l’uomo è diverso soprattutto per un punto fondamentale alle altre specie, l’educazione e la trasmissione culturale “siamo uomini perché riusciamo a trasmettere le informazioni da una generazione all’altra, la cultura è il software mentre il corpo è l’hardware. Aumentando l’educazione si può cambiare”.
Stefano Mancuso è professore all’Università di Pisa, botanico e saggista, a lui si devono numerosi testi di divulgazione sull’intelligenza delle piante, tra di essi “La nazione delle piante” 2019 edizioni Laterza e l’ultimo libro uscito dello stesso editore “La pianta nel mondo”.