Nel luglio dello scorso anno il chitarrista dei Pink Floyd, David Gilmour è tornato nell’anfiteatro romano di Pompei dopo ben 45 anni, per realizzare due serate di concerto, questa volta davanti a un pubblico.
Nel 1971 il regista Adrian Maben, capitato in modo fortuito nei pressi dell’anfiteatro durante un viaggio, rimase folgorato da questi luoghi. Maturò così l’idea di realizzare un live dei Pink Floyd in assenza di pubblico, quasi in contrasto con i mega concerti alla Woodstock maniera. I componenti della band si imposero affinché la performance fosse realizzata dal vivo e dopo giorni di riprese tra l’anfiteatro e la Solfatara di Pozzuoli, si realizzò una parte del lavoro. Altre riprese furono poi eseguite tra Parigi e gli studi londinesi di Abbey Raod e contribuirono alla realizzazione dell’opera completa. Opera che uscì definitivamente solo nell’agosto 1974, rimanendo oscurata da quello che può considerarsi l’album più celebre della band, The Dark Side of the Moon. Questo, uscito nel 1973, di fatto aveva già scalato le classifiche di tutto il mondo.
Il 7 e 8 luglio del 2016 David Gilmour ritorna in questi luoghi all’ombra del Vesuvio. Per primo, dopo più di 2000 anni dai tempi dei gladiatori, si esibisce davanti a un pubblico regalando emozioni davvero uniche. Porzioni di quei due concerti, girati in 4K e Dolby Atmos dal regista Gavin Elder, prodotto dalla Nexo Digital, sono stati proiettati nei cinema di tutto il mondo e in Italia in tre date, 13, 14 e 15 settembre.
“Return at Pompeii” si apre con delle riprese presso gli studios inglesi dove l’artista si prepara con i sui collaboratori a questo viaggio nella memoria.
Un ritorno in un luogo di fantasmi, come definisce lui stesso l’anfiteatro di Pompei in una breve intervista inclusa nella pellicola.
La magia e suggestione del sito, con il Vesuvio alle spalle a far da spettatore, si sposano bene con le sonorità provenienti dalla sua chitarra. David Gilmour, questo mostro sacro della musica mondiale, pilastro del rock di tutti i tempi. Difficile trovare parole senza cadere nella banalità e limitare con apprezzamenti convenzionali la performance di questo genio della musica. La maestria delle sue dita sulle corde della chitarra ci regala una purezza del suono dove ogni nota è ben definita, sicura, pulita. Dalle sue mani non esce nulla di incerto, neppure quando utilizza la lap steel, sorta di chitarra elettrica suonata in orizzontale. Con il bottleneck, un cilindro che ricopre il dito, conferisce alla musica una straordinaria sonorità.
Alla soglia dei suoi oltre 70 anni, Gilmour si rivela ancora uno dei migliori chitarristi della musica mondiale, capace di emozionare come nel passato. Il suo tocco crea vibrazioni magiche, frequenze mistiche che ci sfiorano il cuore e l’animo, regalando momenti indimenticabili e irripetibili.
La scaletta del concerto propone alcuni dei brani più recenti, appartenenti all’album del 2015 Rattle That Lock. “In Any Tongue”, “A Boat Lies Waiting” e “Rattle That Lock”.
Poi la volta dell’album The Division Bell. Di questo LP del 1994 vengono proposti brani attualissimi “What Do You Want From Me” e “High Hopes”. Quindi “Sorrow” appartenente a A Momentary Lapse of Reason, album realizzato nel 1987, il primo dopo la storica separazione dal bassista e cantante Roger Waters. La qualità di questi pezzi è altissima, l’influenza dei Pink Floyd, una costante di tutte le tracce, si combina con la sensibile personalità dell’artista.
Un’altra variabile nella realizzazione di una performance di alto livello è senza dubbio la professionalità dei collaboratori del cantante, musicisti e coristi. Durante tutto il concerto hanno saputo dimostrare di essere all’altezza di Gilmour e in grande affiatamento con lui. Come afferma l’artista stesso nell’intervista iniziale, è indispensabile avere accanto persone di grande competenza per dare il meglio di sé.
I pezzi scivolano via in una successione quasi inconscia e il tempo si annulla.
Questo anche grazie a delle spettacolari e coinvolgenti immagini che la regia ci regala. Da una parte i panorami notturni dell’anfiteatro romano, il profilo del vulcano, la veduta sulla città. Dall’altrai bellissimi e psichedelici giochi di luci e laser sul palco e le immagini sul grande schermo circolare alle spalle della band. In mezzo a questo spettacolo di luci e colori si susseguono alcuni dei brani che resero celebre la band britannica ed è allora che le emozioni raggiungono vette davvero alte.
La selezione dei brani colpisce nel segno: “One of These Days” dall’album Meddle (1971). “Run Like Hell” e “Confortably Numb” (il cui assolo di chitarra eseguito da Gilmour è considerato uno dei più belli della storia della musica) dall’album The Wall (1979). Gli eterni “ Wish You Were Here” e “Shine On You Crazy Diamond”, dedicati all’ex Pink Floyd Syd Barrett, appartenenti all’album Wish You Were Here (1975). Dall’album forse più rappresentativo della band, The Dark Side of the Moon, gli intramontabili brani “Time” e “The Great Gig in the Sky”, quest’ultimo eseguito con una versione corale nuova, in cui non si perde tuttavia l’emozione del pezzo originale, pezzo che suscita commozione ad ogni ascolto.
Le due ore della selezione cinematografica, fino ai giochi pirotecnici che incorniciano un finale strepitoso, regalano emozioni indimenticabili e sostituiscono degnamente un vero e proprio concerto. Ma ciò che rende unico il tutto è la maestria di questo musicista e cantante straordinario, di questo artista dalla fama intramontabile, cui nessuna luce o laser, né gioco pirotecnico potrà mai rendere giustizia.
Raffaella Battiston