Tre giorni dedicati a Berlioz per festeggiare il 150° anniversario dalla sua morte. Cosa c’era di meglio che la “Grande Messe des morts” con la sua imponenza spettacolare? È così che L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia apre la stagione 2019-2020, con grandiosità
Composta nel 1838 con libretto in latino, la Grande Messe des morts è un requiem monumentale creato per un centinaio di elementi: 120 violini, 30 pianoforti e non meno di 16 cori. Un impegno che necessita per la sua fastosità di un lavoro preciso e scrupoloso. Risultato raggiunto nelle tre rappresentazioni eseguite dal 10 al 12 ottobre 2019 grazie all’Orchestra e Coro Nazionale di Santa Cecilia congiunti al Coro del Teatro di San Carlo di Napoli con i direttori Sir Antonio Pappano, Piero Monti e Gea Garatti Ansini. Per “unire” l’imponente organico la banda della Polizia di Stato con il direttore Maurizio Billi.
La Grande Messe des morts fu eseguita la prima volta il 5 dicembre 1837 nella chiesa Les Invalides a Parigi, per l’occasione ricoperta di nero fin sulla volta. Pur essendo in onore degli oltre 500 caduti del 13 ottobre entrati a Costantina in Algeria e deceduti tra il fuoco delle armi e il flagello del colera, come commentò “Le Figaro” fu più una rappresentazione teatrale- È ben vero che le nostre chiese rassomigliano così tanto a dei teatri che ci si potrebbe ingannare– a causa degli abiti e del comportamento dei presenti.
Ma veniamo all’esecuzione romana che ha raccolto oltre a dieci minuti di applausi.
Il coro fa subito ingresso con il “Requiem aeternam dona eiss, Domine” Sir Pappano ha mostrato una delicatezza gestuale unica: sfiorando l’aria nel dirigere il coro mentre è stato prima più incisivo con l’orchestra e poi ancora silente quando con un dito accenna di diminuire d’intensità.
Imponenti gli ottoni della Polizia di Stato, nella Des Irae.
Con uno sguardo Pappano fa partire le percussioni mentre muove le labbra e dà loro il ritmo. Le braccia sono impegnate in un fremito di movimenti dedicati che si alternano dal coro ai violini.
Il coro femminile si siede e le voci maschili intonano con un’apparente calma il Quid Sum Miser per poi tutti insieme aumentare il timbro al Rex Tremendae.
L’entrata dall’alto della balconata del tenore solista Javier Camarena dietro all’orchestra e al coro è spettacolare. L’effetto è scenografico e acustico. Si ode un suono celeste, paradisiaco mentre è accompagnato solo dal coro femminile.
Camarena è l’unico protagonista della composizione, infatti nove dei dieci movimenti sono pezzi corali, e mentre la sfida per il coro è enorme sia per la forza che per l’intensità a lui il difficile compito del Sanctus.
Dopo un’ora e mezza circa si conclude la portentosa esecuzione. La replica per chi non abbia visto il concerto sarà su Rai 5 il 31 ottobre alle ore 21.15.