Avete mai creduto ai fantasmi?
Beh, se andate a Gairo Vecchia, uno degli angoli più suggestivi della regione dell’Ogliastra, in Sardegna, vi capiterà sicuramente di incontrarne uno.
Magari tra le vecchie rovine abbandonate, nei vicoletti, tra le case con le pareti distrutte, all’interno delle quali possono osservarsi soffitti, pareti dipinte, caminetti e scalinate intatte.
A Gairo c’è un’atmosfera rarefatta, come quella dei vecchi film in bianco e nero, anche se si visita in piena estate.
Forse la suggestione? Non lo so, però quel che ti aspetti mentre percorri le stradine di ciottoli nel silenzio più assoluto, è di veder uscire qualcuno da un’abitazione, con le borse in spalla, intento a portar via le sue cose dando un’ultima occhiata a quella che era stata la sua casa.
Gairo, da “ga” e “roa”, ovvero terra che scorre, infatti, fu costruito in una zona soggetta a frane e smottamenti.
Nel 1951 gli abitanti, flagellati da una terribile alluvione, decidono di trasferirsi altrove.
Dopo cinque giorni e cinque notti di pioggia ininterrotta comincia il loro lento e progressivo abbandono del centro abitato.
Si lasciano le case, gli orti, le stalle, che piano piano, sotto il flagello del fango e dei cedimenti della montagna, vengono giù, lasciando intatti alcuni particolari che danno ancora l’idea di vita, al di là delle macerie.
Il paese crolla, ma i gairesi piano piano ricostruiscono tre nuovi punti abitati: Gairo Nuova, pochi metri più in alto, Gairo Taquisara, pochi chilometri più avanti, e Cardedu, vicino al mare.
C’è chi però non si arrende alla natura che si riprende pian piano ciò che è suo. Vagando per Gairo Vecchia trovi qui un orto coltivato, lì una cantina con un lucchetto nuovo, o un piccolo ricovero di attrezzi per la terra.
Fantasmi? No.
Per qualche anziano, evidentemente, Gairo, non è mai crollata.
Photo: Simona Martinelli