Prendiamo una barca al tramonto e lasciamoci trasportare lentamente lungo il canale principale della salina di Cervia: sentiremo l’odore della salicornia perenne (Arthrocnemum glaucum) ed alzando gli occhi vedremo stormi di uccelli che solcano il cielo
Stiamo navigando verso le vasche di decantazione dell’acqua di mare e siamo buffi coi nostri caschi di protezione per passare sotto al ponte della statale Adriatica.
Siamo in tanti in questa serata di fine luglio arrivati qui per conoscere com’era e com’è la vita in salina.
Scendiamo dalla barca e cominciamo a camminare lungo il bordo dei grandi bacini accompagnati dal sole che sta cominciando a tramontare all’orizzonte.
La salina di Cervia si estende su una superficie di 827 ettari e si trova a 1.600 metri dal mare; al suo interno è percorsa da una rete di canali con uno sviluppo complessivo di circa 46 km.
Sembra che la salina abbia origini etrusche ed è considerata un ambiente di elevato interesse naturalistico e paesaggistico oltre ad essere la porta di accesso a sud del parco del delta del Po.
Nel 1959 le 144 piccole saline furono sostituite dai dieci grandi bacini con una produzione media di sale che si aggira sui 200.000 quintali all’anno.
L’unica superstite delle vecchie saline è la Camillone che è ancora funzionante: produce circa 1000 quintali di sale di qualità elevatissima.
La raccolta avviene da giugno a settembre ancora con attrezzature artigianali.
Si possono vedere ancora le barche di ferro (burchielle) con cui veniva trasportato il sale lungo i canali fino ai magazzini e le “garitte” occupate un tempo dalla guardia di finanza.
Grazie al sale Cervia divenne una città ricca e contesa nel tempo perché proprio il sale era considerato “Oro bianco”. Utilizzato per la concia delle pelli, per la lavorazione di vetri e ceramiche ma soprattutto per la conservazione dei cibi.
Ormai l’orizzonte si sta scurendo, ci avviamo verso la barca per tornare e all’improvviso uno stormo di fenicotteri (Phoenicopterus ruber) ci saluta dall’alto.