Jukebox doveva essere e jukebox è stato. Alla Casa del Jazz di Viale di Porta Ardeatina, il batterista Max Weinberg, ha portato ieri due ore di sano, prorompente e caldo rock ‘n’roll a scaldare ulteriormente la serata romana
Appena salito sul palco, lo statunitense anticipa quale sarà il programma del live-set. “In questo spettacolo il pubblico sceglie le canzoni che suoneremo. Alcune sono le mie preferite” dichiara in un italiano stentato ma assolutamente comprensibile, “altre quelle con cui ho imparato a suonare”.
Come da promesse annunciate, quindi, il quartetto, formato oltre che dallo storico componente della E-Street Band, dal bassista Glenn Burtnick e dai chitarristi John Merjave e Robert Burger, ha selezionato tra i brani che scorrevano sullo schermo alle spalle della band. Si parte con “Highway to hell” degli australiani AC/DC, tanto per far capire che il viaggio di questa sera non si limiterà all’Europa o al continente americano.
Si prosegue con una netta prevalenza di pezzi beetlesiani, quelli più consoni alla voce di Burger.
La popolare “She loves you”, ma anche pezzi meno ascoltati di frequente come “Back in the USSR”. Assolutamente ispirata anche la voce dell’altro chitarrista Merjave, che propone una versione di “Night moves” di Bob Seger a grandissimo livello. Per avere il primo brano della E-Street Band occorre attendere almeno sette pezzi, ma il calore con cui viene accolta la “10th Avenue Freeze Out” proposta, chiarisce come sia prevalente la componente springsteeniana, tra spettatori presenti.
Le richieste del pubblico arrivano copiose e tra le più disparate e lo stesso Weinberg più o meno a metà del concerto scende tra il pubblico a raccogliere i “desiderata”.
The Kinks con “Lola”, The Band con “The Weight”, nessuno si senta trascurato. Il gruppo di Max accontenta un po’ tutti. “Rebel rebel” non è neanche tra i pezzi indicati. Ma quello di stasera è un juke-box anomalo e assolutamente fuori controllo. E allora ci si può aspettare anche un Bowie fuori scaletta. Ascoltiamo con piacere “It’s my life” degli Animals e “Wild Thing” dei Troggs, ma possiamo dire che ogni pezzo fosse uscito dalla roulette della serata, sarebbe comunque stato un prezioso frammento della storia del rock. Led Zeppelin piuttosto che Stones. “I can see for miles” è il pretesto per rivelare come Moon degli Who, sia stata una musa ispiratrice del giovane Weinberg.
C’è il tempo per invitare sul palco anche un amico, musicista romano, Antonio Zirilli, con cui suonare insieme un paio di pezzi.
Un concerto, ma soprattutto una festa. Ogni sera diversa dalla precedente e dalla successiva. La chiusura è completamente all’insegna della musica del Boss cui il batterista è indissolubilmente legato. Pubblico che arriva sotto il palco ad accompagnare i pezzi storici. Thunder road, Dancing in the dark (con canonico ballo della fortunata salita “on stage”), Glory Days. Appuntamento ancora a Roma, promette Weinberg, insieme alla E-Street Band come già successo in passato, o perché no, ancora con una formula “a chiamata”, piacevole e coinvolgente come quella proposta ieri sera.