Il lavoro dell’avvocato matrimonialista, e non solo, ha dovuto man mano adattarsi alla modernità dei tempi. Con l’avvento di internet e dei nuovi strumenti di comunicazione, infatti, c’è stata una profonda rivoluzione anche nello studio dei casi giudiziari, di cui hanno dovuto prendere atto anche quelli tra noi, più ‘conservatori’
D’altronde l’amore, così come l’amicizia, persino nel loro significato terminologico, sono stati completamente modificati dall’avvento dei social. Basti pensare con quanta semplicità ci si definisce ‘amici’, stravolgendo, o sminuendo, anche il senso della parola.
E se l’amore ai tempi di whatsapp e messanger è diverso, lo sono anche le relazioni, facilitate o complicate, al loro esordio o nel loro finale, da questi nuovi strumenti.
Lo ravviso proprio nel mio lavoro di avvocato matrimonialista.
Se pongo a confronto l’esperienza di oggi con quella di quindici anni fa, percepisco ampiamente le differenze.
Allora, infatti, nell’ambito di un giudizio di separazione, al massimo, si presentava a te un cliente con un mazzetto di fotografie, scatti rubati al coniuge infedele ed al suo sfortunato amante.
Oggi è, se vogliamo, tutto più immediato, persino la scoperta di un tradimento, che sia consumato ed ostentato, magari su una bacheca, o che sia platonicamente vissuto a colpi serrati di messaggistica istantanea.
Pochi anni fa si presentò da me un cliente, che aveva avuto la sfortuna, dico io, di aver acquistato un personal computer per i figli.
Quello schermo, che doveva servire per le ricerche scolastiche, ebbe, purtroppo, un meno ortodosso utilizzo.
La moglie annoiata, infatti, effettuata l’iscrizione ad un gioco di ruoli online, aveva intrapreso un’intensa conversazione via chat con un’identità sconosciuta.
Dietro la tastiera aveva perso qualsiasi freno inibitorio riuscendo a confidare sensazioni e pensieri che mai aveva svelato prima, forse neanche a se stessa.
Sebbene il mio cliente avesse fatto il backup di tutte le conversazioni, non utilizzammo nulla ai fini del giudizio di separazione.
Ciò perché, passata la rabbia, lo stesso dovette tristemente ammettere che quel mezzo tecnologico era servito solamente a disvelare un matrimonio fallito molto prima.
Ebbene anche la giurisprudenza, negli ultimi anni, si è trovata a valutare il valore probatorio delle conversazioni di messaggistica e del materiale fotografico estratto dai social network.
La Cassazione ha più volte ribadito che la trascrizione delle conversazioni WhatsApp è utilizzabile come prova.
A condizione, però, che venga acquisito il supporto informatico sul quale è contenuta (smatphone o pc).
Per quanto attiene invece a fotografie ed informazioni contenute sul profilo personale di un social, le stesse possono diventare a tutti gli effetti prove impiegabili nel giudizio di separazione.
Chi le pubblica, infatti, per la Suprema Corte, accetta implicitamente il “rischio” che siano conoscibili da terzi, anche al di fuori della propria cerchia di amicizie.
E allora forse è proprio il caso di rivedere un po’ una famosa frase sentita mille volte nei film: “Tutto quello che dirai/messagerai/pubblicherai potrà essere utilizzato contro di te in Tribunale”.